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Zuppi e il giallo del seminario: un cardinale di strada dalle nobili origini
Oggi 25-04-25, 10:29
Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna dal 2015, creato cardinale nel Concistoro del 5 ottobre 2019, Presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) dal 24 maggio 2022, è a tutti noto per essere uno di quei «preti di strada» che tanto amava Papa Francesco e proprio per quell' «odore di pecora» la sua carriera ecclesiale sotto il pontificato che si è appena concluso ha avuto uno slancio che a pochi altri presuli italiani è stato riservato. Quante pecore Zuppi abbia avvicinato nella sua carriera ecclesiastica non è dato sapere, certo è che la sua biografia personale ha ben poco di affine alla strada. Figlio di Enrico Zuppi, per oltre trent'anni direttore de L'Osservatore della domenica (l'inserto settimanale più letto del curialissimo Osservatore Romano) e di Carla Fumagalli, nipote del cardinale Carlo Confalonieri. Confalonieri non è certo uno di quei nomi che riempiono le centinaia di pagine ammuffite degli annuari pontifici, ma uno dei porporati più potenti del ventesimo secolo. Don Carlo, originario di Seveso, nel 1921 ebbe la fortuna di conoscere l'allora nuovo arcivescovo di Milano Achille Ratti, brianzolo come lui. Tra i due nacque subito una sintonia «ha una bella calligrafia, elegante e leggibile» disse Ratti «sarebbe un segretario perfetto». E così fu. Pochi mesi dopo, morto improvvisamente Benedetto XV, il conclave che si aprì nel febbraio del 1922 elesse Papa proprio Ratti e il nuovo pontefice, Pio XI, decise di confermare Confalonieri come suo segretario personale. «Carolino», come lo chiamava affettuosamente il rigido pontefice, rimase in Vaticano fino alla morte del suo Papa ma il successore, Pio XII, in segno di benevolenza, lo promosse nominandolo arcivescovo de L'Aquila, incarico che ricoprì dal 1941 fino al 1958. Proprio nel 1958 arriva la svolta: Confalonieri è creato cardinale nel primo Concistoro indetto dal nuovo pontefice Giovanni XXIII. Il suo nome, nella lista dei nuovi porporati, fu il secondo dopo quello di Giovanni Battista Montini. Quando Roncalli impose la berretta a Confalonieri i microfoni rimasero aperti e tutta la Basilica vaticana udì chiaramente le parole del Papa: «Carolino mio, non sai quanto sono felice!». Morto un Papa se ne fa sempre un altro e dopo Roncalli arrivò proprio Giovanni Battista Montini, Paolo VI. Sotto il pontificato di Montini Carlo Confalonieri scalò tutti i gradini della Curia romana, cumulando contemporaneamente diversi incarichi, tra cui il più prestigioso arrivò nel 1977 quando divenne decano del Sacro Collegio cumulando, oltre alla diocesi suburbicaria propria del più alto in grado tra i cardinali, quella di Ostia, anche quella di Palestrina, rette entrambe fino alla morte, avvenuta nel 1986. In quegli stessi anni il romanissimo nipote di Sua Eminenza, il giovane Matteo Zuppi, aveva iniziato a frequentare la Comunità trasteverina di Sant'Egidio, divenendo il pupillo del suo fondatore, l'immarcescibile Andrea Riccardi che ancora oggi è il cattolico non consacrato più potente al mondo. Nel 1981 per Zuppi arriva la consacrazione sacerdotale, ma inspiegabilmente non viene incardinato nella “sua” Trastevere, bensì nella diocesi di Palestrina, retta, il caso vuole, dal potentissimo zio cardinale. Ancora oggi sulle biografie ufficiali di Zuppi si legge che a Palestrina avrebbe frequentato il seminario diocesano, peccato che ai tempi non esistesse. Pochi giorni dopo, il papabile della sinistra laica italiana torna a Sant'Egidio, diventando vicario parrocchiale di Santa Maria in Trastevere, il fulcro della Comunità retta da Riccardi, senza aver curato per nemmeno un giorno le anime dei fedeli della diocesi in cui è stato ordinato presbitero. La vita, le opere e i giorni di Matteo Maria Zuppi sono quindi quelli di un privilegiato dell'alta borghesia cattolica che ha radici solide nel tempo, con un percorso molto simile a quello di Giovanni Battista Montini, che era figlio di un deputato popolare. Sarà difficile spiegare alla sinistra italiana che il suo candidato non è esattamente quel «prete di strada» che ha sempre immaginato, né ai bolognesi, qualora venisse eletto Papa, perché non abbia mai preso in considerazione l'ipotesi di chiamarsi eventualmente Benedetto, come fu per gli ultimi due arcivescovi felsinei assurti al pontificato, Benedetto XIV (Prospero Lambertini, 1740-1758) e Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa, 1914-1922).
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