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Dalla perfida Albione al prof di Parma. Elogio Unesco, c’è chi mastica amaro
Ieri 27-12-25, 21:00
Il riconoscimento della nostra cucina Patrimonio dell’umanità ha scatenato i detrattori: c’è il giornalista inglese che la bolla come «bugia» o l’accademico tricolore che sentenzia che il grana sia nato in America.Ci piace immaginare che lassù, nell’Eden dei sapienti, un profeta e un custode delle tradizioni culinarie e gastronomiche italiane, Pellegrino Artusi e Orio Vergani, seduti a una tavola apparecchiata con tovaglie di Fiandra (in quel paradiso, a differenza di certi ristoranti italiani stellati e no, le tovaglie si usano ancora), abbiano festeggiato il riconoscimento dell’Unesco alla cucina italiana elevata a Patrimonio immateriale dell’umanità. Un Patrimonio che entrambi hanno salvaguardato portando alla sua costruzione immateriali, ma solidi mattoni del sapere, della cultura e dell’amore per il cibo. Ci piace anche immaginare che allo stesso tavolo, a festeggiare, si siano seduti anche due santi: San Francesco Caracciolo, patrono dei cuochi e della cucina italiana, e San Pasquale Baylon, protettore dei pasticcieri che lo considerano l’inventore dello zabaione. Sicuramente i due santi con l’aureola fatta con un’invitante crosticina dorata il primo, con la panna montata il secondo, una spintarella nel momento della decisione a New Delhi, lo scorso 10 dicembre, l’hanno data.Continua a leggere
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