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Antonio Di Pietro e Stefania Craxi dalla stessa parte: questo spiega tutto
Oggi 19-11-25, 03:44
Per quegli strani incroci della storia che si verificano una volta nella vita Stefania Craxi e Antonio Di Pietro si ritrovano sulla giustizia dalla stessa parte della barricata. Lei, indomita figlia del leader del partito socialista azzoppato dall’inchiesta di Mani pulite nonché parlamentare di Forza Italia, il partito più garantista che c’è; lui, simbolo delle toghe della stagione manettara di Tangentopoli e fondatore di un movimento politico, Italia dei Valori, avversario del Psi e degli azzurri, amico di Grillo e di un certo grillismo urlato attorno alla parola «onestà». Mondi opposti, quelli di Craxi e Di Pietro, uniti però sulla riforma della giustizia e la separazione delle carriere. Entrambi infatti voteranno sì al referendum della primavera 2026 e sono in prima linea con i rispettivi comitati per fare campagna in tal senso. Uniti malgrado loro e le battaglie giudiziarie del passato. La figlia di Bettino ieri era al Senato dove è stato presentato il “Comitato Vassalli” per il sì. Con la presidente della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama anche Fabrizio Cicchitto, Salvo Andò, Claudio Signorile. Sull’ex pubblico ministero è stata netta: «Non intendo occuparmi neanche trenta secondi del dottor Di Pietro», ha tagliato corto. Ritengo non abbia né la statura politica né morale per esprimersi su alcunché». Di Pietro, che è sponsor per il sì con il “Comitato Sì Separa” della fondazione Einaudi, ha preferito non replicare per non rinfocolare la vecchia tensione. E nel corso della conferenza stampa l’azzurra ha voluto rimarcare il perché di questa scelta a favore della separazione delle carriere tra pm e giudici e del sorteggio per la scelta dei componenti del Csm. «Facciamo questa campagna elettorale pensando a chi, come Craxi, ha pagato con la vita le conseguenze di una giustizia ingiusta», ha dichiarato. «Perché Tangentopoli non è stato solo una scandalo, ma una barbarie che ha fatto strame del diritto e della ragione. Questa riforma della giustizia», ha aggiunto, «è anche un modo di portare a compimento il percorso che Vassalli e il Psi di Craxi intrapresero alla fine del secolo scorso». Accanto a lei, Cicchitto ha avvertito sui possibili colpi bassi che potrebbero arrivare in questa partita del referendum «che non si gioca solo sui voti», ha detto. «Vedrete quanti presidenti di Regione e consiglieri comunali e così via, intercettati in modo indebito, avranno dei guai da affrontare per una campagna elettorale che, Gratteri ce lo dimostra, non sarà fatta soltanto fra gentiluomini ma in un altro modo». Per Signorile, altro storico socialista, «questa campagna referendaria deve essere gestita come una battaglia per una grande riforma di struttura». Presente anche il capogruppo di Fi al Senato, Maurizio Gasparri: «Confido soprattutto sull’estrazione del Csm», ha spiegato, «sperando che non ci dica male col sorteggio. Speriamo che sia pluralista. Ma c’è la legge di Murphy: quando una cosa può andar male va male».
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