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Autonomia, le regioni Pd accelerano sul referendum
03-07-2024, 06:30
La lotta all'Autonomia differenziata, nel cuore della sinistra rischia seriamente di insidiare quella contro il fascismo. Non si spiega altrimenti l'accanimento contro una riforma che nel 2001 venne inserita nella «Costituzione più bella del mondo» (cit. Roberto Benigni) proprio da un governo a guida Pd. Così come lo era pure quello che nel 2018 approvò le prime intese con alcune Regioni. Ma si sa la ragion politica (di parte) vale più della ragion di Stato (di tutti). Ed è così che ieri la segretaria del Pd Elly Schlein ha lanciato la sua crociata laica contro l'Autonomia differenziata. «Stiamo lavorando con altre forze politiche e sociali per prepararci a raccogliere le firme per il referendum abrogativo e intanto posso già annunciare che porteremo la richiesta di referendum nei Consigli delle Regioni in cui governiamo», ovvero Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania. Secca la replica di Matteo Salvini, che in una nota attacca la leader dem: «Il Pd contro il progresso, l'efficienza, la trasparenza e il taglio degli sprechi che l'Autonomia porterà. Non è una novità». Alle quattro Regioni a guida Pd, nella lotta furibonda contro l'Autonomia, si aggiungerà anche la Sardegna della Cinquestelle Alessandra Todde, che anzi ha annunciato di essere «orgogliosa» del fatto che la sua Regione sarà «capofila contro l'autonomia differenziata». Che detto da un governatore di una Regione a statuto speciale fa abbastanza sorridere. Come fa notare in un commento al vetriolo il suo collega lombardo Attilio Fontana: «Per onestà intellettuale, immagino che la presidente Todde, nel chiedere il referendum contro l'Autonomia, rimetterà lo Statuto Speciale della sua Regione per rendere la Sardegna una regione a statuto ordinario. Altrimenti di che stiamo parlando?». E non è finita qui. Il Pd, annusato che questa battaglia può in qualche modo compattare le opposizioni, è in piena trance agonistica. Il più lesto a muoversi è l'ex cacicco Vincenzo De Luca, che ha convocato per l'8 luglio un Consiglio regionale straordinario con all'ordine del giorno l'approvazione del quesito referendario. Un'iniziativa che dovrebbe essere replicata il giorno seguente dall'Emilia Romagna. Qui i capigruppo di Pd e M5S hanno già preparato il testo del quesito: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l'attuazione dell'Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo coma, della Costituzione”?». Poi toccherà anche a Toscana e Puglia fissare una data per votare la richiesta di referendum abrogativo. Se nelle sedi territoriali i dem esondano nelle dichiarazioni, a Roma non sono da meno. Il dem Alessandro Alfieri- che quando era capogruppo del Pd in Regione Lombardia si batteva per l'Autonomia - ha definito la riforma «pericolosa» per il «disegno leghista che assomiglia sempre più ad una vera e propria secessione». Non dite ad Alfieri che oltre al Veneto e alla “sua” Lombardia, anche il Piemonte di Alberto Cirio ha fatto sapere ieri di essere pronto fin da subito chiedere le nove materie che non necessitano dei Lep per essere devolute. C'è poi un'altra polemica che ha tenuto banco nella giornata di ieri e che non è meno surreale di quelle che abbiamo raccontato fin qui. È quella che riguarda la presunta «fuga in avanti» del governatore Veneto Luca Zaia, reo di aver chiesto di aprire le trattative per avere subito le nove materie che non devono attendere la definizione dei Lep. In questo caso, però, oltre al fuoco di sbarramento delle opposizioni, Zaia un po' a sorpresa si è dovuto difendere anche dal fuoco amico del ministro Nello Musumeci, che ha bollato come «richiesta precoce» la lettera di Zaia alla Meloni, parlando anche di «perplessità all'interno della stessa maggioranza di governo». Zaia, sorpreso, ha replicato spiegando che quella lettera è una «mera applicazione della legge. Lo facciamo con serenità, coscienti del fatto che è un percorso che dobbiamo fare assieme al governo. Non ci vedo alcun ingresso a gamba tesa». E ancora: «La legge approvata prevede che ogni Regione a statuto ordinario possa chiedere l'apertura di un tavolo di trattative, da subito su 9 materie e poi sulle altre 14 dopo 24 mesi». Il “Doge” poi riflette sul fatto che «molti cittadini in alcune regioni sono costretti a fare le valigie per andarsi a curare fuori regione, in alcuni palazzi ancora non c'è l'acqua potabile, abbiamo i rifiuti per strada. Una situazione che non è certo figlia dell'Autonomia, ma piuttosto del centralismo». Per la Lega ha parlato anche Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato: «Stupirsi della richiesta sulle 9 materie significa non aver letto la legge. Noi in maggioranza avremo i nostri problemini, ma voi dell'opposizione siete semplicemente ridicoli». I «problemini» cui fa riferimento Romeo, sono gli screzi che nel pomeriggio di ieri hanno contraddistinto i rapporti interni al centrodestra. Con particolare riferimento alla bocciatura in Senato dell'emendamento del Carroccio in Commissione Giustizia sulla gestazione e alla Camera con Forza Italia che non ha partecipato al voto in Commissione sul ddl sicurezza in tema di detenute madri, certificando di fatto la sua contrarietà alla norma che rende facoltativo il rinvio della pena con le donne con prole fino a un anno. Screzi da Commissione, nulla più, assicurano dalla maggioranza. Sui quali però l'opposizione ha puntato e punterà il dito.
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