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Campania, le mani della camorra sugli ospedali
Oggi 15-11-25, 03:39
E meno male che (Vincenzo De Luca dixit) la «sanità in Campania è un modello». Al governatore Pd e a tutta la sgangherata armata giallorossa (grillini, dem, mastelliani, ex democristiani, socialistoidi...) dev’essere sfuggita l’ultima inchiesta dell’Antimafia napoletana che ha svelato il nuovo business della camorra: la gestione della salute pubblica. Castellammare di Stabia, ospedale San Leonardo, un casermone vecchio e malandato che copre l’intera provincia sud con un bacino di utenza di 400mila cittadini. Tre giorni fa, i carabinieri hanno sgominato una fetta dell’organigramma criminale dei D’Alessandro che, tra barelle e corsie, avevano piantato la loro fetida bandiera. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44923540]] LE SOFFIATE L’operazione ha svelato la presa del clan sul nosocomio grazie alla società “New Life”, nuova regina del trasporto d’emergenza in zona. Il meccanismo era semplice e indecente: bastava una soffiata interna per sapere chi stava per essere dimesso o chi era appena deceduto e per organizzare il viaggio (a pagamento) nell’ambulanza degli “amici degli amici”. Sempre in quelle circostanze, veniva annunciato pure il “codice nero”, il linguaggio cifrato (intercettato dai militari) che indicava i pazienti (morti) da trasferire grazie a medici compiacenti pronti a firmare certificati fasulli pur di autorizzarne l'invio a casa. Pasquale Rapicano, collaboratore di giustizia stabiese, ha descritto il pronto soccorso con chiarezza chirurgica: «È minato, lì non si hanno mai problemi perché i medici sono con i D’Alessandro». E ancora: «A gestire il servizio ambulanze è Antonio Rossetti, ’o guappone. Le attività delle ambulanze trovano pieno appoggio dal personale dell’ospedale San Leonardo dove lavora anche Francesco Iovino (sindacalista ed ex consigliere Pd poi Iv, non indagato, ndr) che ha una forte influenza in quella struttura». Ma non finisce qui. Rapicano aggiunge un dettaglio che basta da solo a raccontare l’intera storia: «Su ogni piano del San Leonardo, Rossetti ha un referente [...]. Nessuno può mettere piede nell’ospedale, dal momento che Rossetti è il referente esclusivo». E dire che non è la prima volta che assistiamo a uno spettacolo del genere. Già nel 2021 un’altra inchiesta aveva portato alla luce lo stesso meccanismo criminale, allora gestito dalla “Croce Verde”, il cui titolare era in affari con la stessa cosca. Poi la Croce Verde è uscita di scena e al suo posto è arrivata la “New Life”. Un nome, un destino: la nuova vita del clan, in camice e ambulanza. Ma Castellammare è solo una stazione del tour sanitario della criminalità organizzata. A Napoli, nel 2019, fu il San Giovanni Bosco a finire nel mirino della Dda. I magistrati scrissero nero su bianco: «Era diventato la sede sociale dell’Alleanza di Secondigliano: gli uomini dei Contini controllavano il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali». E poi, senza giri di parole: «La struttura era diventata la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione di certificati medici falsi». Chi voleva saltare la fila, al San Giovanni Bosco non si metteva certo in lista. Bastava passare per il “Cup del clan Contini”, l’ufficio prenotazioni parallelo della criminalità. In certi casi, addirittura, la camorra avrebbe fissato l’agenda dell’ospedale, imponendo l’apertura di nuovi reparti secondo convenienza criminale. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44660272]] GLI APPALTI Nel 2024, la fotografia si allarga, ma restiamo sempre nel capoluogo: scattano quaranta arresti per la gestione degli appalti in varie strutture sanitarie. Stavolta protagonisti i Cimmino-Caiazzo, i malacarne del Vomero, il quartiere collinare dove si trovano i nosocomi più importanti. Alcuni dipendenti delle società incaricate di fornire servizi – pulizie, manutenzioni e logistica – passavano le informazioni sensibili direttamente a loro, quando non raccoglievano materialmente le mazzette. Le imprese coinvolte, formalmente operose, erano in realtà “picciotti in corsia”: infiltrate fino al midollo, al servizio del super cartello mafioso campano. E mentre in Regione si canta la litania dell’eccellenza sanitaria, sul campo la criminalità detta tempi, assunzioni, turni, trasporti. Si firma, si timbra, si dimette e si trasporta su ordine dei padrini. La “confraternita dei malavitosi” non ha più bisogno della violenza per prendersi il territorio. Oggi basta un badge. A Napoli il boss si è messo il camice bianco. E si fa chiamare pure dottore. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44610156]]
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