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Daniele Capezzone: il boomerang etico del centrosinistra
09-04-2024, 06:38
In questi giorni è comprensibilmente molto citata- da destra e da sinistra- la celeberrima intervista centrata sulla cosiddetta “questione morale” concessa nell'estate del 1981 da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari. Da destra, con giustificato sarcasmo, si evoca oggi una clamorosa nemesi storica: l'argomento etico così a lungo scagliato contro gli altri si è ora ritorto come un boomerang contro il Pd. Da sinistra, tra smarrimento e autoconsolazione, si deplora il non essere stati collettivamente all'altezza di quel monito, e di non averlo saputo utilizzare né (ex ante) per evitare la deriva del malaffare e degli scandali né (ex post) per reagire con la schiena dritta, senza farsi umiliare dai grillini. Eppure - a ben vedere - manca forse una terza chiave di lettura, che a sinistra apparirà quasi sacrilega: il Pci, anzi per essere più precisi quel Pci di Enrico Berlinguer aveva almeno due volte torto. Una prima volta, perché il suo legame anche finanziario con Mosca non lo metteva assolutamente in condizione di impartire lezioni etiche a chicchessia. E una seconda volta, perché il ricorso alla carta morale (in realtà: moralistica) era l'estremo rimedio escogitato da chi era già stato, era e sarebbe stato battuto e spiazzato politicamente dal dinamismo di Bettino Craxi. Mentre infatti Craxi sceglieva la strada della modernizzazione e delle riforme, costruendo la prospettiva di una sinistra occidentale (non a caso, sistematicamente rifiutata dai comunisti, fino ai travestimenti degli anni Novanta, ai quali verrò tra poco), il Pci berlingueriano si rinchiudeva in una dimensione puramente difensiva e arroccata, in una trincea vecchia, che negli anni successivi avrebbe portato il maggior partito della sinistra alla sconfitta sulla scala mobile, alla demonizzazione di qualsiasi ipotesi di riforma istituzionale, alla fascistizzazione del nemico Craxi. Con l'andare dei lustri, le cose non sono affatto migliorate, perché l'arma “etica” è stata brandita a sinistra con due obiettivi l'uno peggiore dell'altro. O per tentare di conquistare il potere attraverso l'eliminazione dell'avversario per via giudiziaria: si pensi al caso di Tangentopoli, con le inchieste che “miracolosamente” si limitarono a sfiorare il Pci-Pds-Ds, mentre schiantavano le forze del pentapartito; si pensi a una certa gestione dell'antimafia; si pensi al “metodo” usato contro Silvio Berlusconi. Oppure - alternativa solo apparentemente meno feroce- per delegittimare l'avversario nel caso in cui non si fosse riusciti a sconfiggerlo in campo aperto: è ancora accaduto con Berlusconi, e accade oggi con Giorgia Meloni, anzi con le temibili “destre”, come si usa dire oggi. TRIBUNE E TRIBUNALI Sta di fatto che in questo modo e con questo “format” è trascorso circa un quarantennio abbondante di vita politica italiana, di giornali (Repubblica in testa) che si sono immaginati come cattedre etiche da cui giudicare gli altri, di tribune e tribunali televisivi, perfino di fiction e serie tv (dalla Piovra in poi) tutte costruite - neanche troppo subliminalmente - sull'attribuzione agli avversari politici di connotati umanamente deplorevoli, moralmente squalificanti, complessivamente disumanizzanti. Neanche se ne rendono più conto: ma l'avversario- apoco apoco- è naturalmente stato ridotto al rango di “non persona”, di soggetto eticamente perverso, con ciò distruggendo la dimensione laica della politica, e cioè un confronto su proposte e obiettivi tutti ugualmente legittimi, pur nella fisiologica contrapposizione democratica. BENE VS MALE Intere generazioni sono state allevate succhiando questo latte dalle grandi mammelle della sinistra culturale e politica, e gli stessi grillini sono stati generati da questo tipo di dna politico e mediatico. Cos'erano gli show televisivi di Michele Santoro se non un grande teatro, un'immensa arena, un catino da stadio in cui si confrontavano il Bene (di volta in volta, un magistrato, un pentito, un esponente di sinistra) e il Male (l'immancabile agnello sacrificale di destra)? Ecco, se da sinistra si è costruito da un lato un immaginario culturale e psicologico di questo tipo e dall'altro si è concepito il proprio partito quasi solo in funzione governista, di pura gestione del potere (locale ma pure nazionale, essendo stati al governo per un decennio senza aver vinto un'elezione politica dal 2006), era fatale che a un certo punto un cortocircuito facesse esplodere la contraddizione, scaricando proprio sul Pd una deflagrazione “etica”. Per questo, è stato ingenuo - per non dire altro - cercare l'alleanza con i Cinquestelle e pensare che il loro dna politico potesse mutare. Perché i grillini nascono con il vaffa, le manette, il giustizialismo, e a loro volta quei connotati sono una evoluzione - più plebea, più qualunquista - esattamente degli ingredienti di sinistra che siamo venuti descrivendo dal 1981 in poi. L'importante - quando queste cose producono frutti inevitabili, perfino ovvi - è non far finta di cascare dal pero. Lo sapevano tutti, l'avrebbe capito anche un bambino. Una storia maledettamente semplice: starei per dire, una questione di famiglia.
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