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Daniele Capezzone: il campo largo si riscopre garantista solo con uno di loro
22-03-2024, 08:25
È nel tardo pomeriggio di ieri che alla sinistra dei mozzaorecchi un grido di gioia, roba da Tardelli al Bernabeu, è improvvisamente rimasto strozzato in gola. E come mai? Fino a poco prima, era festa grande, perché la magistratura fiorentina aveva di nuovo azzannato Marcello Dell'Utri, disponendo un sequestro preventivo di beni fino a un valore vicino agli 11 milioni di euro. Tanti soldi e tanta grazia, mediaticamente parlando, per i giustizialisti che – oplà – potevano andare sul sicuro: mettersi a sparare su un loro bersaglio di sempre e tentare così di occultare le disavventure baresi alle quali verremo tra poco, vera spina del fianco di una sinistra abituata a considerare gli altri sistematicamente collusi, ma contemporaneamente ad assegnare a se stessa patenti antimafiose e bollini di legalità. Senonché, il colpo di scena è arrivato da Palermo, dove il tribunale ha respinto un'altra richiesta di confisca a danno dello stesso Dell'Utri, e lo ha fatto con motivazioni clamorose, che smontano la narrazione trentennale dei manettari. Tenetevi forte: «La tesi della connessione fra gli enormi versamenti ed un possibile patto criminale tra Dell'Utri e Berlusconi (...) pur se estremamente suggestiva (...), presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico». Tradotto in italiano: i giudici dicono che non sono provati accordi tra la mafia e Berlusconi. Dunque, si capisce bene perché i nostri giustizialisti abbiano chiuso la giornata di ieri nella mestizia, con la proverbiale coda fra le gambe. E allora spostiamoci a Bari. Ecco, sulla vicenda riguardante il capoluogo pugliese, mi permetto di proporre ai lettori di Libero una simulazione, un test. Leggete bene questo virgolettato, che pubblichiamo appositamente in corsivo. «Rivendico a testa alta il mio impegno di ieri, di oggi e di sempre per la legalità e contro la criminalità organizzata. E proprio per questa ragione – come cittadino, come sindaco e come militante politico – preannuncio che lavorerò fianco a fianco con il ministro degli Interni Piantedosi e con la premier Meloni affinché sia fatta piena luce su tutto. In questa materia, non ci sono destra o sinistra, maggioranza o opposizione che tengano. La campagna elettorale – europea e comunale – è un'altra storia: e naturalmente io sarò fortemente impegnato per un successo della coalizione progressista. Ma, prima e sopra, c'è l'interesse di tutti, nessuno escluso, a sradicare la pianta velenosa delle infiltrazioni mafiose. Dunque, in spirito di leale collaborazione istituzionale e naturalmente per amore del mio territorio e della mia città, sono a disposizione delle autorità governative. Vinceremo tutti insieme questa battaglia per la legalità, e poi, come deve avvenire in democrazia, ci misureremo nelle urne da avversari politici». Ecco, fine dell'esperimento: il comunicato che avete letto – purtroppo – non è mai stato scritto, non esiste, è un fake, un puro esercizio di stile. Ma è esattamente ciò che, a nostro avviso, il sindaco di Bari Antonio Decaro avrebbe fatto bene a mettere nero su bianco l'altro giorno oppure ieri. E invece – ormai lo sapete – abbiamo assistito da parte sua a una chiassata scomposta, a una sceneggiata poco decorosa, ad accuse e offese sparacchiate gratuitamente contro i nemici politici, in un'atmosfera imbarazzante. Lacrime, tifo (più o meno organizzato), faziosità, rabbia, spirito incendiario. Un pessimo spettacolo. Qui a Libero siamo garantisti assoluti, senza alcuna eccezione: verso amici e avversari. Di più: tante volte abbiamo sollevato dubbi – che ribadiamo – su alcuni aspetti della legislazione e ancor più della prassi di certa antimafia. Ma due cose appaiono assolutamente inaccettabili nel comportamento della sinistra. La prima è la negazione della verità, l'alterazione dei fatti: trovate nell'edizione odierna del nostro giornale tutti i casi in cui – più verso destra che verso sinistra – sono stati disposti, anche da questo governo, e anche mentre Decaro era presidente dell'Anci, misure analoghe rispetto a quelle ipotizzate per Bari. Per la cronaca, non si tratta già di commissariamento, ma solo dell'avvio di una procedura di verifica. Dinanzi a tutto questo, mai, in passato, né la sinistra né Decaro hanno levato un sospiro, un'obiezione, una perplessità. Lo fanno soltanto oggi, e lo fanno nel modo più agitato e velenoso, solo perché ora il problema li tocca o li sfiora. E lo fanno con il chiaro obiettivo di sollevare un polverone e di arroventare senza motivo una campagna elettorale già fin troppo tesa e nervosa. Il secondo aspetto da sottolineare è che la sinistra politica – e ancora di più quella mediatica – non ha le carte in regola per dare lezioni di garantismo a nessuno. Da decenni, semmai, pratica in modo selvaggio la logica del sospetto, dell'avviso di garanzia trasformato in sentenza di condanna, della parola di un pentito presa come oro colato, di un'accusa da dimostrare usata come se fosse una prova incontrovertibile. Ecco: ieri abbiamo constatato che questo armamentario vale verso gli altri, gli avversari, che si possono sfregiare e lapidare allegramente. Anzi: quanto meno l'avversario pare battibile nelle urne, tanto più occorre umiliarlo, imporgli l'infamia di una lettera scarlatta, un marchio di impresentabilità morale prim'ancora che di colpevolezza giuridica. Il caso Berlusconi è l'esempio più macroscopico di questo “format”. Quando però – senza accanimenti, senza veleni, ma solo nel rispetto delle norme vigenti – un ministro avvia un accertamento nei confronti di una città amministrata da loro, allora i compagni sembrano morsi da una tarantola. Come per magia, diventano improvvisamente garantisti. E provvedono subito per un verso ad autoassegnarsi una patente di intoccabilità, e per altro verso a gridare contro chiunque osi porre elementari domande. Tutto ciò non è serio e non fa bene all'Italia. Meno che mai alla credibilità della stessa sinistra: la quale sembra confidare nel fatto che ampi settori dell'opinione pubblica non vedano e non giudichino questo clamoroso doppio standard. Valutazione errata: molti italiani hanno capito da tempo e fin troppo bene quali siano i metodi della sinistra.
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