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Daniele Capezzone: il gioco del Pd rischia di fare male a Ilaria Salis
29-03-2024, 07:56
Il nostro giornale, già nei mesi scorsi, non ha avuto la minima esitazione nel definire indegne le immagini della cittadina italiana Ilaria Salis condotta al guinzaglio in un'aula di giustizia di Budapest. Lo abbiamo fatto all'epoca e lo rifacciamo con altrettanta chiarezza oggi, dopo che ieri la scena delle catene si è purtroppo ripetuta. Non c'è nessuna ragione pratica né alcuna speciale esigenza di sicurezza che giustifichino questa umiliazione. E meno che mai esistono presupposti teorici che rendano tollerabile, in un Paese civile nell'anno 2024, il fatto che una persona venga trattata come un animale pericoloso. Ciò detto, era purtroppo abbastanza prevedibile che la giustizia di Budapest avrebbe detto ancora una volta no alla concessione degli arresti domiciliari per la nostra connazionale. Questa vicenda – va detto onestamente – è una corsa in ripida salita: per le caratteristiche del sistema normativo e giudiziario ungherese, e per il tipo di accuse – tutt'altro che lievi – pendenti a carico della Salis, a favore della quale gioca comunque il principio sacro della presunzione di innocenza, valido per qualsiasi imputato. A maggior ragione, dunque, tutti dovrebbero trarre due conseguenze. La prima: supportare l'azione silenziosa e misurata di Giorgia Meloni e Antonio Tajani, cioè della stessa catena decisionale che ha già riportato a casa Alessia Piperno dall'Iran, Patrick Zaki dall'Egitto, e presto anche Chico Forti dagli Usa, non esattamente tre missioni semplici. La seconda: evitare assolutamente di scatenare una rissa politica, aggredendo Viktor Orban (avendo in mente come bersaglio Giorgia Meloni, questo è chiaro), e aprendo plateali campagne contro l'Ungheria. Chi fa questo (come larghi settori della sinistra politica e mediatica) deve sapere che rischia di ottenere un unico risultato: rendere più difficile o addirittura vana qualsiasi operazione efficace a favore della Salis. In questo contesto si inserisce anche la missione francamente poco opportuna – nei tempi, nei modi, nel linguaggio – di sette parlamentari di sinistra (tra loro Laura Boldrini e Nicola Fratoianni; poi, come aggravante, si è pure aggiunto Zerocalcare). Speriamo che ciò stia accadendo inconsapevolmente: ma è come se qualcuno, da quelle parti, avesse deciso di trascinare il caso Salis nella campagna elettorale, in una cinica logica “win win”. Se le cose andranno bene, la sinistra potrà rivendicare la liberazione della ragazza senza concedere meriti al governo; se invece andranno male, potrà criminalizzare il nostro esecutivo “amico di Orban”. LA CONTROPROVA Questo gioco condotto sulla pelle di una persona in carcere non ci pare affatto nobile, e va denunciato in modo chiaro. E, se si cerca una controprova, basta trasferirsi in Romania, dove è detenuto – e dove purtroppo per lui sono state confermate le misure cautelari – un altro italiano, Filippo Mosca. Il quale però non ha goduto di un solo minuto di attenzione da parte dei nostri progressisti. E come mai? Azzardiamo una doppia spiegazione: per un verso perché il primo ministro rumeno appartiene alla famiglia socialista (e dunque la sinistra italiana non pare intenzionata a polemizzare con un governo del suo stesso orientamento), e per altro verso perché Mosca non è un militante di ultrasinistra. Chiaro, no? Si fa chiasso solo se c'è in vista profitto politico: e il profitto politico si intravvede soltanto nella contrapposizione contro Orban (anzi, contro Meloni). E allora – senza ipocrisia e senza paura di dire cose meno gradevoli – occorre svolgere qualche ulteriore riflessione sul caso Salis. La nostra sensazione è che una notevole maggioranza degli italiani desideri che la nostra connazionale torni a casa e ovviamente che non sia sottoposta a trattamenti degradanti, e che tuttavia la medesima maggioranza di italiani – com'è sacrosanto – non abbia alcuna simpatia per organizzazioni di estremisti di sinistra che se ne vanno in giro per l'Europa a organizzare risse contro i loro nemici di destra. È quindi doveroso – come sta già positivamente accadendo – che il governo faccia tutto ciò che è nelle sue possibilità, ed è contemporaneamente legittimo non provare alcuna comprensione per la militanza della Salis (per la quale – lo ribadisco ancora una volta – deve comunque valere il principio della presunzione di innocenza). BEATIFICAZIONE IN CORSO In questa prospettiva, è francamente controproducente che sia partita una scombiccherata campagna di beatificazione, anzi direttamente di santificazione, della Salis stessa. Qualche settimana fa, Repubblica non ci ha fatto mancare un pezzo lirico di Concita De Gregorio, che – ha scritto – sarebbe stata «molto contenta di aver avuto o che i miei figli avessero» maestri come Ilaria. Legittimo, ci mancherebbe. Ma è altrettanto legittimo che tanti altri italiani la pensino diversamente. Cari compagni, più insistete con la beatificazione della Salis e l'iperpoliticizzazione del suo caso, e meno aiutate la difficile opera di Meloni e Tajani. A maggior ragione dopo la giornata di ieri, pare sempre più difficile che Ilaria ottenga i domiciliari lì e possa quindi scontarli qui: sarebbe altamente desiderabile per lei, ma pare il percorso più impervio, per non dire ormai quasi impossibile. La via più praticabile sembra quella, dopo una prevedibile sentenza di condanna, di ottenere un'espulsione dall'Ungheria. Ma anche questa ipotesi richiede che non si alimenti alcuna gazzarra.
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