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Dossieraggio, ecco perché è necessaria una doppia indagine
05-03-2024, 06:57
Le teorie cospiratorie non mi appassionano, di solito sono armi di distrazione di massa e non a caso sono un ingrediente del cinema, ma è chiaro che nella storia dello spionaggio dei politici è in corso un plateale tentativo di depistare... il depistaggio delle istituzioni. Far passare la frenetica attività di un sottufficiale della Guardia di Finanza - in servizio presso la Procura nazionale antimafia - per un caso che riguarda la libertà di stampa è un inganno. Un militare delle Fiamme Gialle che diventa il Google personale di un paio di cronisti del Domani e lo fa nella maniera che abbiamo descritto in questi giorni - migliaia di accessi alle banche dati riservate, con richieste on demand inoltrate perfino via email, azioni illegali, dichiarazioni false, suggerimenti di inchieste ad personam non è la semplice «fonte» di un giornale (perché una «fonte», anche quella più consolidata, non si comporta così, con quella disinvoltura e sistematicità), è il pulsante di una guerra termonucleare, la chiave d'accesso a informazioni riservate che servono a qualcuno per giocare a Risiko con le istituzioni. I giornalisti sono comparse, qui siamo di fronte a un gioco di fumo e specchi che nasconde altro. Cosa? L'hackeraggio delle istituzioni del Paese, l'alterazione del gioco democratico, la deviazione dell'esito delle elezioni, l'inquinamento del dibattito pubblico, un'operazione di «character assassination» dell'avversario, la distruzione della reputazione, il «mascariamento», la bolla del disonore. In due parole: killeraggio politico. Altro punto da tenere ben fermo, per evitare la cortina fumogena: l'indagine deve riguardare prima di tutto il funzionamento della Procura nazionale antimafia (l'attuale procuratore, Giovanni Melillo, ha il merito di aver avviato l'inchiesta e attuato dei correttivi), la conduzione dell'ufficio, lo scrutinio severo dell'operato dei suoi vertici, l'introduzione di barriere alla carriera politica dei procuratori (è diventata un automatismo, è un problema e chi lo nega mente), la presenza o assenza di un sistema effettivo di check and balance dei poteri, l'accesso alle informazioni, la loro tracciatura, distribuzione, conservazione e distruzione. Lo stesso lavoro di approfondimento va fatto sulla Guardia di Finanza che ha ‘prestato' il sottufficiale alla Procura e lo ha selezionato all'inizio della carriera, valutato nel corso del tempo. Chi lo ha scelto? Chi ne ha esaminato il lavoro negli anni? Quali erano i suoi rapporti interni alle Fiamme Gialle? Con chi parlava all'epoca degli accessi alle banche dati? Sarà necessario ascoltare i comandanti della Gdf di ieri e di oggi, testimoni per il passato e garanti per il futuro. Va ricordato che per quantità, qualità, disponibilità dei dati e risorse a disposizione, la Guardia di Finanza è il vero servizio segreto dell'Italia. Questo lavoro di indagine non è una questione che riguarda solo la Giustizia, non si può ridurre a un importante dossier in mano al procuratore di Perugia, Raffaele Cantone. È un caso politico perché il cuore dell'indagine è la scoperta del mandante, l'obiettivo è quello di proteggere le istituzioni democratiche. Qui una sola cosa è chiara, esposta, visibile: volevano far deragliare il governo di centrodestra. È vero che anche Giuseppe Conte e altri politici sono stati oggetto dell'attenzione del finanziere-spione, ma la concentrazione, la scelta dei tempi, la diffusione dei rumors (e la pubblicazione), sono l'elefante in mezzo alla stanza, l'indizio gigantesco di una volontà che tende(va) a rovesciare, sostituire, impedire la presa del potere a chi ha vinto le elezioni. La sinistra, a parti rovesciate, avrebbe definito tutto questo come un «disegno eversivo».
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