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Iacometti: il Lingotto ha sbagliato tutto, ma la sinistra dov'era?
12-10-2024, 08:11
Regole incerte, incentivi insufficienti, energia troppo cara, Cina strapotente. Alle motivazioni messe sul tavolo ieri da Carlos Tavares in Parlamento per giustificare i pessimi risultati del gruppo e la progressiva desertificazione degli stabilimenti italiani mancava solo l'invasione delle cavallette. Eppure i dati sono abbastanza chiari. Ad agosto le vendite in Europa sono scese del 18,3%. Stellantis ha registrato un calo del 29,5%. Un mese storto? Non proprio. Negli 8 mesi del 2024 il mercato mantiene ancora il segno positivo con +1,4%, il gruppo franco-italiano è invece scivolato del 3,3%. Le cose non vanno meglio nel nostro Paese, dove l'azienda guidata da Tavares a settembre ha perso il 33,9% rispetto ad un calo generale delle vendite del 10,7%. Non è tutto, dopo aver raggiunto una quota di mercato record del 38,7% nel 2020 (aggregando le immatricolazioni di FCA e PSA all'epoca non ufficialmente unite), Stellantis nei primi nove mesi del 2024 in Italia è a quota 30,49%. In Europa invece è passata dal 20,2 al 16,2%. La musica non cambia neppure negli Usa, dove nel terzo trimestre il gruppo è crollato dal 19,8%. Dato in assoluta controtendenza con il mercato dell'auto statunitense, che ad ottobre ha registrato vendite record in rialzo del 26,4%. Ora, come si spiega il fatto che Stellantis va sempre peggio degli altri e perde quote di mercato? Forse gli altri non soffrono degli stessi problemi elencati ieri dal manager? Non hanno tutti le stesse difficoltà a competere sull'elettrico con i prodotti cinesi, a fare i conti con le politiche non adeguate degli incentivi e con i costi di produzione che in Italia potranno essere più alti, ma non lo sono in Spagna, in Francia, negli Stati Uniti e in tutti i Paesi dove Tavares ha spostato massicciamente la lavorazione dei veicoli, dal Nord Africa, al Sud America fino alla Polonia? Non potrebbe essere possibile, come peraltro sostengono molti esperti del settore, che il manager abbia compiuto qualche erroruccio sulla scelta dei modelli, sulle strategie di marketing e sulle tecniche di penetrazione dei tanti marchi sotto il suo controllo? Non fosse così, del resto, gli azionisti non sarebbero così ansiosi di liberarsi della sua sapiente guida, iniziando a cercare il successore con un anno e mezzo di anticipo e spingendolo a dichiarare pubblicamente che lui non vede l'ora di andare in pensione. Forse, di fronte a simili evidenze, poteva almeno evitare di venire in Parlamento a ribadire che l'Italia è centrale e a chiedere altri soldi pubblici mentre le fabbriche continuano a tenere gli operai in cassa integrazione con cali della produzione che in alcuni casi superano anche il 70% Peggio di lui, però ci sono i sindacati e la sinistra, che nel 2021 (governo Conte II con M5S e Pd in maggioranza) applaudivano alla nascita di Stellantis, da dove è partita la crisi, e che negli ultimi anni non hanno fatto altro che difendere i diktat green della Ue sullo stop ai motori a diesel e benzina, che stanno mettendo in difficoltà tutte le case automobilistiche e hanno dato la mazzata finale a Stellantis. Ora sia la Cgil sia le opposizioni si sono accorte che l'auto italiana sta morendo. E puntano ovviamente il dito sulla miope politica industriale del governo. Resta da capire fino ad ora dove fossero. O vogliono forse farci credere che Tavares e il green deal non li hanno visti arrivare?
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