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Mario Sechi: così l'intellettuale organico diventa capo partito
27-04-2024, 07:52
Che succede? Sono in corso le grandi manovre per gettare sul governo Meloni l'ombra della «dittatura morbida», dipingere Palazzo Chigi come un Giano Bifronte che in Europa è un partner affidabile e pragmatico, mentre in Italia ci dà dentro con la censura, l'occupazione dei media e voilà, ecco a voi Giorgia la Tiranna al potere. È una cosa ridicola, che vede chiunque non sia accecato dall'odio per l'avversario politico, perfino a Bruxelles non riescono a giocare la palla con questa strategia della balla. Il baro nel saloon lo vedono tutti, mischia le carte come un ubriaco, il gioco è scoperto, come anticipato da Libero: si scrive che in Italia c'è l'allarme democratico e ormai c'è una questione di Stato di diritto (lo ha fatto ieri puntualmente Maurizio Molinari su Repubblica), poi la scena si sposta a Bruxelles dove casualmente c'è sempre un cronista -corrispondente pronto a fare la domanda sul colpo di Stato in corso, si spera in una risposta tosta (e magari la concordo prima) e... ecco il casino che torna in Italia. È lo schema di gioco dell'Internazionale Giornalisti, oliato da decenni di anti-berlusconismo, affilato per fare a pezzetti il governo Meloni. È ben noto a chi fa questo mestiere e l'ha visto in azione stando anche dall'altra parte, uno strumento di lotta politica un tempo guidato dalla sinistra, oggi telecomandato da un centrino di potere che non si rassegna di fronte al risultato delle elezioni politiche. Porre la questione dello Stato di diritto in Italia, questa è la pazza idea che alimenta i sogni dell'opposizione, una famiglia allargata dove i partiti hanno lasciato il timone ai gazzettieri di cordata, ai giornalisti ai confini della realtà, ai rivoluzionari da salotto televisivo sinistrato, ai pascolanti scrittori comprati e venduti con regolare fattura e irregolare idea del gioco democratico (devono vincere sempre loro, altrimenti è fascismo!). In questo teatrino dove c'è chi parla pomposamente di libertà di stampa senza averla mai frequentata (ma in realtà sta pensando all'assegno del parente, succede anche questo), in questo boulevard senza stelle dove è considerato normale il giornalismo à la Serena Bortone che escogita - in un programma del servizio pubblico della Rai - un comizio al livor mortis senza contraddittorio contro il presidente del Consiglio (quando mai è accaduto?), in questo angusto establishment editoriale dove il Signor Direttore della Stampa, schiena drittissima, s'improvvisa cacciatore di conflitti di interessi e dimentica che il suo giornale è controllato da Exor, holding guidata da John Elkann, principale azionista di Stellantis, unico costruttore di automobili in Italia che sta negoziando 1 miliardo di incentivi con il governo, ecco, in questo luna park che mostra sintomi psichedelici, sono passati dalla denuncia dell'oscurantismo all'oscuratismo, e la consonante fa una gran differenza, anche in termini di fatturato. Sono prevedibili, la partita non è quella della Rai (un'azienda da rifondare), dei censurati immaginari, dei giornali e men che meno dell'agenzia di stampa Agi, il bersaglio è lei, Meloni e il suo partito, Salvini e Tajani, il centrodestra che bisogna «mascariare», lumeggiare in cronaca come una minaccia per la democrazia. SOLITI FURBACCHIONI Gli autori vorrebbero scrivere una tragedia, ma per goffaggine, mancanza di talento narrativo, gli scappa in commedia, giusto un B-Movie dove Bombolo sarebbe da Oscar rispetto a questa compagnia teatrale. L'aspetto grottesco emerge con la storia del partigiano Scurati che inciampa sulla fattura e, fiutato l'affare del martirio (che alla Rai gli hanno concesso di agitare per incapacità, non per volontà di censura), guida l'opposizione al posto di Schlein e Conte. L'autore di M. così diventa il simbolo dell'intellettuale organico che si fa disorganico, una metamorfosi kafkiana, un personaggio che entra in scena con una maschera severa, grave, un Giorgio Strehler (che non a caso fu parlamentare della sinistra indipendente) senza Paolo Grassi (che sempre non per capriccio fu presidente della Rai), il problema è che non è il Piccolo Teatro di Milano degli anni d'oro a portare in scena la “pièce”, ma una combriccola di furbacchioni che si è messa alla testa della politica per mancanza di testa della politica. Ieri durante Otto e mezzo ad Antonio Padellaro è scappata una genialata: «Il Pd metta il nome di Scurati nel simbolo». È la sintesi perfetta della parabola del Pd colta con grande intuito da un cronista di lungo corso. Il vero fatto politico della settimana, quello più spassoso e intrigante, è però la nascita della chat “25 aprile” promossa da Massimo Giannini su WhatsApp, ha avuto un successo stellare, mezza (ex) classe dirigente italiana vi si è tuffata usandola come sfogatoio terapeutico-progressista. La “cosa” del mio carissimo amico-nemico Giannini ha visto l'intervento naturalmente di quelli che contano, dei pezzi da novanta, della gente che piace e di qualcuno che giace. Repubblica avrebbe dovuto saltare sulla notizia come un ghepardo, darne conto, appassionarsi per l'impresa del suo editorialista principe, invece neanche una riga, silenzio. Ah, se ci fosse stato Scalfari... Il problema è che la sinistra italiana, anche sulle piattaforme di Zuckerberg, ripete gli stessi riti: a un certo punto si è passati dalla fase del pensiero grave e profondo sullo stato della sinistra alla proposta di costituire un nuovo movimento, forse un partito, un soggetto attivo, insomma qualcosa che va oltre il Pd. Per soprammercato sul conflitto a Gaza si sono aperte le prime crepe, il dibattito si è accalorato, insomma hanno cominciato a volare gli stracci. E come da tradizione nella storia della sinistra italiana, nella chat “25 aprile” c'è già aria di scissione. E voi capite che la cosa ha una sua importanza per il futuro dell'Italia. VORTICE DI IGNORANZA Ventitré anni fa un irregolare Pierluigi Battista pubblicò per Laterza un libretto divertente sul “Partito degli intellettuali”, vi erano già catalogati, impilati, pronti all'uso tutti i vizi del sapiente con il pallino dell'indottrinamento politico. Il balzo in avanti (e quello indietro) è notevole, siamo passati da Palmiro Togliatti che guardava con interesse alla pubblicazione del “Lungo viaggio attraverso il fascismo” di Ruggero Zangrandi, a Elly Schlein che in piazza Duomo abbraccia Scurati. La differenza tra ieri e oggi non è solo questa, perché in piazza il 25 aprile abbiamo visto saldarsi, in un delirante vortice d'ignoranza, l'antifascismo, l'antisemitismo, l'antisionismo, l'antiamericanismo, un'allucinazione collettiva in cui la vittima è l'idea della democrazia come metodo di confronto. L'intellettuale è diventato l'utile idiota di una rivolta contro l'ordine liberale, un incredibile sottosopra nel momento in cui la Russia arresta in contumacia un vero disobbediente e testimone della storia, il campione mondiale degli scacchi Garry Kasparov. Scurati? L'Italia sorvegliata speciale dell'Europa per una questione di Stato di diritto? Siamo seri, facciamo ridere tutto il mondo. E gli italiani sanno distinguere tra il bene e il male, il vero e il falso, non sono degli allocchi. C'è chi si spaccia per martire e alfiere della libertà di stampa e chi sta nella scena del “Settimo Sigillo” e gioca la partita a scacchi con la morte.
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