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Mario Sechi: dall'autoscontro al cavallo di Troia
20-02-2024, 07:57
Stellantis potrebbe produrre auto cinesi in Italia, nello stabilimento di Mirafiori. Anche questo fa parte, dopo i rumors su una possibile fusione con Renault, di uno scenario possibile. Bisogna ricordare che Stellantis nell'ottobre del 2023 ha investito 1,5 miliardi per acquisire il 20% di Leapmotor, società cinese specializzata nella produzione di auto elettriche. L'accordo prevedeva anche la costituzione di Leapmotor International, una società controllata da Stellantis (51 a 49) per produrre e esportare auto elettriche fuori dalla Cina. Si dirà che a questo punto tutto torna e in fondo bisogna pur trovare una soluzione per l'auto italiana. I sindacati applaudono, le sinistre sono elettrizzate. Ma dov'è l'auto italiana in tutta questa storia? Provo a tessere una trama con i fili sparsi che abbiamo a disposizione. L'auto italiana. Nel 2022 nel nostro paese sono state prodotte 473 mila automobili, è un numero sconfortante, se pensiamo che la Francia vale il doppio, la Spagna il triplo, mentre la Germania va moltiplicata per 7. Siamo l'unico paese europeo con un solo costruttore e il 63% dei veicoli che escono dagli stabilimenti italiani di Stellantis finiscono all'estero. Parte della produzione di Jeep Renegade e Compass è in Italia. Ma quella è l'auto americana... L'auto cinese. Leapmotor è una casa costruttrice cinese nata nel 2015, attiva nel settore Nev (sono i veicoli elettrici di prossimità urbana, auto compatte per il traffico cittadino) ma il piano di espansione prevede la copertura di tutti i segmenti dell'auto (vanno da A a E), dunque dalla citycar alla berlina di lusso. Nel 2023 ha consegnato 144 mila vetture. La sua forza non è nei numeri, nella penetrazione di mercato (in Cina vale meno dell'1%), ma è la disponibilità di tecnologia e piattaforme perla produzione dell'auto elettrica. L'auto di Tavares. Che mercato dell'auto immagina Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis? Il manager franco -portoghese è un tipo tosto, insegue un suo piano, ha una visione, è concreto, nell'ultima versione è diventato “colomba” ma resta falco, è un predatore. Sa che deve crescere, affronta la transizione verso il motore elettrico pensando “a una sola Stellantis”, strategia opposta a quella di Luca De Meo, il numero di uno di Renault che ha creato “Ampere”, una società del Gruppo che comprende il software e l'elettrico, destinata in futuro alla quotazione (rinviata poco tempo fa, in attesa di un momento di Borsa più favorevole). Per rispondere alla domanda, l'auto di Tavares è elettrica e non ha targa. Elettrica perché non si può prescindere dalle scelte politiche sulla decarbonizzazione, senza targa perché Stellantis è un moloch che non può avere confini, è “no border” per ideologia, per convenienza, per realismo. L'auto americana. Si tende a immaginare Stellantis come un'azienda franco-italiana, ma si tratta di un errore da zero spaccato sul quaderno delle elementari. Stellantis è prima di tutto un'azienda americana. E quello che pensa e fa la Casa Bianca è fondamentale. Oggi c'è Biden e l'ipotesi di (ri)trovare Trump alla presidenza non è remota. In ogni caso, che il presidente sia democratico o repubblicano, una cosa è certa: la guerra tariffaria con la Cina è aperta e quello dell'auto è uno settori chiave. Il Financial Times ieri ha pubblicato la notizia delle pressioni di Washington su Pechino sul fronte del prezzo dei prodotti esportati, in sostanza si tratta di un'accusa di “dumping” sui mercati internazionali, la Cina ha un eccesso di capacità produttiva. Quali settori preoccupano gli Stati Uniti? Scrive il Ft che l'attenzione è rivolta “all'industria manifatturiera avanzata e in particolare per i settori dell'energia pulita come i veicoli elettrici, i pannelli solari e le batterie agli ioni di litio”. Questo scenario americano ha una grande importanza se pensiamo a Stellantis e alla fabbrica di “Mirafiori cinese”. Perché? L'auto europea. Gli Stati Uniti per ora non hanno ancora aperto un'inchiesta formale sulla politica commerciale della Cina, cosa che invece ha fatto l'Unione europea, senza ancora giungere a una conclusione, ma un “avviso” è stato lanciato sabato scorso dal commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager, che ha assicurato che l'Ue è pronta a reagire alla politica commerciale sleale della Cina. Ora torniamo al dossier Stellantis, all'auto europea, americana e cinese. L'autoscontro. Riepiloghiamo: gli Stati Uniti vogliono bloccare la Cina per concorrenza sleale, l'Europa si prepara a farlo in maniera ufficiale. E in mezzo a questa battaglia tra titani... Stellantis porta la Cina a Mirafiori. È vero che il progetto prevede la creazione di una società con Leapmotors controllata da Stellantis, ma il risultato di fatto è che un'entità di Pechino entra dalla finestra in Italia che diventa una sorta di cavallo di Troia. In fondo, non c'è nessuna sorpresa, se gli azionisti di Stellantis, gli Elkann e i soci francesi, esprimono una cultura senza targa, no border, senza bandiere, il suo amministratore delegato, Carlos Tavares, può dire candidamente a proposito delle azioni intraprese dall'Unione europea: «Poiché dobbiamo affrontare questioni globali, dobbiamo adottare una mentalità globale. Non sosteniamo un mondo frammentato. Ci piace la concorrenza. Avviare un'indagine non è il modo migliore per affrontare tali questioni». Ora tutto torna davvero, ecco spiegato perché la fabbrica di Mirafiori potrebbe diventare la Chinatown dell'auto in Italia. Siamo all'autoscontro.
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