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Mario Sechi: la differenza tra destra e sinistra
10-07-2024, 06:27
Gli italiani hanno una splendida occasione per misurare cosa sono destra e sinistra, unire i puntini, scoprire le differenze, passare un po' del loro tempo sulla Settimana Enigmistica della politica. Il “gran bordel” del voto francese, svelando la confusione di quel “frou frou” di Macron, ha messo in chiaro una volta di più cosa pensano i progressisti della ztl tricolore. Mentre Giancarlo Giorgetti rassicura gli italiani dicendo che la prossima legge di Bilancio «non sarà lacrime e sangue», Elly Schlein conferma che il Pd è ossessionato dalla proprietà, sogna il giorno e la notte di punire la borghesia, desidera realizzare il sogno di “anche i ricchi piangono”, dove le lacrime sono del ceto risparmiatore e proprietario della casa. L'italiano medio al quale la sinistra imputa la colpa di essere “di destra”, ieri era berlusconiano, oggi è meloniano, sempre è impermeabile ai pifferai magici della sinistra e alle mitologie della redistribuzione del reddito che si traducono così: tu lavori e guadagni, un altro consuma quello che hai costruito con il tuo sudore e il talento. E se investi, ti facciamo passare in fretta tutta questa voglia di capitalismo. La situazione francese non è replicabile: per assenza di un Macron, per sistema politico e storia nazionale. Ma è vero che anche le nostre sinistre dovranno unirsi per poter competere con il centrodestra, la tendenza bipolare è un fatto in movimento. Come lo è anche la frammentazione dei partiti dell'opposizione. Unire gli opposti è impresa complicata, il caso francese – dove siamo all'inizio di un processo di disgregazione della Quinta Repubblica- dimostra che mettersi insieme contro il nemico non garantisce la formula magica per formare un governo. Se poi il programma economico è un manifesto da centro sociale, allora l'impresa diventa una missione (im)possibile. In Italia un'idea decadente della politica ha fatto crescere le masse in cerca di reddito e mai di lavoro (come abbiamo visto con la corsa al reddito di cittadinanza), ha appoggiato settori economici che hanno abusato degli incentivi (il Superbonus e non solo) fino a trasformarli in un bancomat di Stato. La patrimoniale di Elly e compagni non è una trovata propagandistica, ma quello che pensano i nostri progressisti. A destra c'è un ministro dell'Economia che ribadisce la linea della prudenza fiscale, a sinistra c'è la segretaria dei dem che in trance agonistica issa in piazza la ghigliottina fiscale. La testa non sarà la loro, mala nostra. Le élite progressiste hanno risorse abbondanti, riserve di carburante dello Stato che diventano proprietà privata pagata con la mano pubblica. Come diceva Ennio Flaiano, «non sono comunista perché non me lo posso permettere». La maggioranza non può dormire tra due guanciali, dovrebbe anzi riflettere e agire in anticipo mentre i compagni cantano la marsigliese. Sul fisco servono provvedimenti più incisivi, non basta dire «non alziamo le tasse», perché quello che si aspettano i ceti produttivi è un netto segno contrario rispetto ai piani della sinistra. Mancano tre anni alle elezioni politiche, il centrodestra in Italia è l'unico che governa una grande nazione europea, ma quello che oggi appare una chimera potrebbe diventare un pericolo concreto se i numeri della pressione fiscale restano invariati o, per effetto di alcuni provvedimenti mal calcolati, addirittura aumenta. Quando fu riesumato il redditometro, fummo gli unici a dire che non era il caso di rimettere in pista uno strumento da Conte Dracula. Oggi, con largo anticipo, avvisiamo i naviganti: ogni errore che si commette sulle tasse, rende per alcuni la ghigliottina fiscale uno strumento desiderabile di “lotta di classe” e aumenta il rischio di trasformare gli italiani da meloniani in melenchoniani.
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