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Mario Sechi: l'ultima spiaggia dell'opposizione, il reato di sorellanza
19-08-2024, 07:52
Seguire il filo di Arianna e scoprire il reato di sorellanza. Non siamo a Cnosso ma a Roma, dove il dedalo della politica è una trappola sempre aperta. Arianna ha una colpa grave: è sorella di Giorgia Meloni. Fino a quando Fratelli d'Italia era all'opposizione, il suo ruolo (fa politica attiva da quando ha 17 anni) non destava l'interesse della sinistra (in redazione e altrove), ma tutto è cambiato quando Giorgia è diventata Presidente del Consiglio, da quel momento si è scatenata la caccia alla sorella, una variante del grande safari lanciato dalla sinistra contro parenti, amici, stretti collaboratori del premier. Quando Alessandro Sallusti sul Giornale ricorda il «metodo Palamara», lo schema collaudato del tridente «giornalista -partito politico -procura» e avanza l'ipotesi che la campagna in corso abbia lo scopo di «preparare il terreno per portare la magistratura a indagare Arianna Meloni» centra il cuore del problema, quello che più volte abbiamo sollevato su Libero in questi mesi: la sinistra cercherà di rovesciare il governo «con altri mezzi». È il copione di un film già visto, durante la rivoluzione giudiziaria del 1992 lo stesso sistema (allora veniva chiamato «cortocircuito mediatico-giudiziario») portò alla fine della Prima Repubblica e poi continuò a martellare Silvio Berlusconi che aveva spezzato il disegno di portare a Palazzo Chigi i post-comunisti, allora guidati da Achille Occhetto. Anche Giorgia Meloni ieri lo ha ricordato, ma quella «macchina» rispetto a 32 anni fa è ancora più potente, ha strumenti più efficaci e un campo d'azione più largo. Sul piano istituzionale, prima la riforma dell'immunità parlamentare (1993) e poi l'abolizione del finanziamento pubblico (2013) hanno indebolito il sistema politico e rafforzato l'azione della magistratura. Quanto ai metodi d'indagine, con l'esplosione della tecnologia digitale e del software della sorveglianza, le possibilità di monitorare l'attività politica sono oggi senza confini (basta leggere gli atti del caso Toti), la «pesca a strascico» si fa con programmi sofisticati e abilità da hacker informatico. La legislazione, inoltre, ha introdotto una forma di reatoil traffico di influenze illecite - così indefinita da lasciare ampio spazio discrezionale al magistrato che indaga. In questo idillico quadretto, il safari contro la maggioranza e il governo Meloni è partito lancia in resta, ben prima che si formasse l'esecutivo. Il caso di Pasquale Striano, il finanziere che consultava le banche dati riservate dello Stato, i cui risultati poi finivano non casualmente sui giornali, è esemplare. In attesa della conclusione dell'inchiesta (che fine ha fatto?), è palese il tentativo di uccidere il governo in culla, un'attività prima e dopo il giuramento dell'esecutivo e basta scorrere i nomi per vedere che gli obiettivi delle ricerche («spontanee» e «sollecitate») erano quasi tutti esponenti del centrodestra. Va ricordato che quell'inchiesta nacque da una denuncia di Guido Crosetto, che segnalò alla magistratura la pubblicazione di dati riservati sui suoi compensi (leciti) derivanti dalla sua attività professionale nel settore della difesa. Eravamo nell'ottobre del 2022 e molto altro ancora sarebbe successo. La vita del partito, della famiglia Meloni, dei vicini, affini, lontani, è stata passata al microscopio, in cerca di un dettaglio da far detonare, cito a memoria: le transazioni immobiliari della mamma (con fondamentali dettagli sui suoi eversivi romanzi rosa); la biografia del padre (che Meloni non vedeva più dall'età di 11 anni); l'acquisto di una nuova casa da parte di Meloni e il suo temporaneo trasferimento in un'altra abitazione; una spy story sgangherata sulla Porsche del Gianbruno; Arianna Meloni che si occupa di tutto, dalle Ferrovie alla Rai, conduttori di pacchi compresi. Dove il «pacco» è quello dell'ossessione della sinistra e degli intellettuali per lei, Giorgia. Questo bombardamento viene accompagnato ogni giorno da articoli che dipingono uno scenario politico sull'orlo della dittatura, con il salmo quotidiano sulla classe dirigente che non c'è, signora mia; Giorgia prima donna premier nella storia d'Italia ma «non è femminista»; i diritti negati (senza aver mai modificato un articolo delle leggi esistenti); i dossier sulla libertà di stampa compilati con le obiettivissime opinioni di giornalisti con la schiena dritta e rigidamente a sinistra; la «capocrazia», «l'eterno fascismo» con l'aggravante della continuità con lo «stragismo» (vedi alla voce stazione di Bologna), la «fasciosfera» per allargare l'orizzonte e ora, rullo di tamburi, la Spectre delle nomine guidata da Arianna che, dettaglio da tenere bene a mente, non è parlamentare e dunque costituisce un bersaglio perfetto per un'incursione giudiziaria, nessun problema della magistratura con quel che resta dell'immunità. A Woodstock facevano meno rumore, ma qui serve appunto quello, il casino permanente, il clamore, il boato, la «sorpresona», quello che spesso compare quando non te l'aspetti nella cronaca politica del Belpaese, «il trappolone». Schlein e compagni ne sono capaci? Più che guidare, mi paiono teleguidati da altre forze che hanno interesse a cancellare l'esito delle elezioni del 2022. In Italia esiste un piccolo establishment, un mandarinato inamovibile, una macchina che è un mix di politica e alta burocrazia, che dispone degli strumenti per far deragliare il programma di qualsiasi maggioranza, tanto che negli ultimi dieci anni sono stati sfiammati sette governi. Quello di Meloni è l'ottavo, l'unico uscito da una chiara vittoria elettorale dai tempi di Berlusconi, correva l'anno 2008 e sappiamo com'è andata a finire. Anche questo è un elemento da non dimenticare. Il quadro internazionale è infuocato, l'Italia è un elemento di stabilità, la premiership di Meloni è una garanzia per le relazioni transatlantiche e la stessa Unione Europea, che presto mostrerà i limiti della riedizione della maggioranza Ursula. Un progetto ribaltonista non ha condizioni esterne ideali per maturare rapidamente, ma non bisogna sottovalutare lo «sfascismo» dell'opposizione, la pulsione distruttiva è grande, la tentazione dell'avventura irresponsabile aleggia da tempo nell'aria, basta leggere, ascoltare, annotare cosa dicono i dem di casa nostra e i Socialisti europei, unire i puntini, la trama si vede. Resta lontanissima, un bagliore remoto nell'orizzonte, un lumicino. Il centrodestra deve ricordare di non alimentarlo, le sorti dei governi sono sempre appese a un particolare trascurato, un tubo rotto che gocciola e non viene riparato. Resta l'ultima domanda: a chi giova un cambio di governo in Italia? Qui il filo di Arianna svanisce, diventa quello che è, un mezzo e non il fine. Al «cui prodest?» si risponde con una vecchia regola del giornalismo, «follow the money», segui i soldi. Ma anche questo lo vedremo presto, nel periodo che corre tra i primi giorni d'autunno e il Natale, quando l'Italia presenterà la sua legge di Bilancio, l'America avrà fatto la sua scelta per la Casa Bianca, i grandi gruppi industriali e finanziari faranno i conti di fine anno proiettando il conto profitti e perdite in uno scenario nuovo, sarà il tempo in cui l'Europa dovrà affrontare la realtà della competizione tra grandi potenze e non le sue utopie. Quello che abbiamo visto finora è solo un preludio. Il ballo in maschera è appena iniziato.
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