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Mario Sechi: San Berlinguer non farà nessun miracolo
11-08-2024, 06:50
La decisione di aprire la Festa del Cinema di Roma con un film su Enrico Berlinguer è una mossa politica, un petardo buttato nella piazza romana, quella che poi alimenta la rotativa dei giornali. Proviamo a mettere insieme le tessere del mosaico. Il luogo è Roma, la Capitale, guidata da un (pessimo) primo cittadino del Partito democratico, Roberto Gualtieri, un uomo d'apparato. Il sindaco ha cominciato nella Federazione giovanile comunista italiana, ha preso la tessera del Partito comunista, ha consumato inchiostro su Palmiro Togliatti, è passato (indenne) tra le varie sigle del post muro di Berlino, fu dalemiano, giovane turco, è stato ministro dell'Economia nel governo giallo rosso (è uno dei padri della mostruosa creatura sfascia -bilancio, il Superbonus) oggi è un già vecchio esponente di una nomenklatura che negli ultimi dieci anni è stata sempre al governo. Il palcoscenico è quello della Festa del Cinema. Non ha bisogno di grandi presentazioni, qui si ritrovano ogni anno gli amici cinematografari, quella che molti a sinistra (soprattutto quando ne sono esclusi) definiscono «la cricca del cinema italiano». Il pubblico è vario, le truppe della sinistra sono ben mimetizzate nella dimensione di svacco perenne della Città Eterna, ma basta dare un'occhiata alle strette di mano, alle pacche sulle spalle e agli sbaciucchiamenti per cogliere il clima del «milieu», la romanità, indivanata tra circolo e terrazza, in cui si riconosce la tribù. La cassaforte del cinema italiano è lo Stato, i soldi arrivano dal ministero della Cultura, oggi guidato dal ministro destro Gennaro Sangiuliano, ma fino all'altro ieri comandato dal ministro sinistro Dario Franceschini. Ai tempi dello sfarzo progressista Dario era il politico più pettinato da giornali e tv, i suoi fedelissimi nell'Urbe (un esercito) ne parlano come una divinità delle arti, la sua barba ancora s'aggira nelle stanze del ministero, in via del Collegio Romano. La massa è potere, lo insegna Elias Canetti, dunque «ciak, si rigira Berlinguer», rieccolo il grande rito collettivo del popolo comunista. Il film sul capo carismatico, la solenne apertura della Festa del Cinema di Roma che plana in sala nell'era della destra al governo, la sfida alla Meloni è servita. Provateci voi a farlo con la storia della destra, dicono dandosi di gomito. Zitti e Mosca. Enrico ti voglio bene, questa sarà la sceneggiatura. D'altronde Elly Schlein lo ha già immortalato nella tessera del Pd, l'Enrico di Sassari, pur non conoscendone i silenzi, le parentele, le ombre. Elly ha nel mazzo di carte del suo gioco tre città che usa come palcoscenico: Bologna la rossa, «una vecchia signora dai fianchi un po' molli / Col seno sul piano padano ed il culo sui colli»; Milano dove il Pd respira l'aria della metropoli europea, l'apoteosi verticale, i miliardi del mattone; e poi c'è Roma decadente all'impossibile che cade e rimbalza, sparisce e si traveste, non si spegne e arde sotto la cenere. Il cinema fece di Veltroni un'illusione politica in celluloide, per Schlein è il bagno battesimale di fronte a «San Berlinguer», titolo del bel libro di Marcello Sorgi dedicato a «l'ultimo capo del popolo comunista», una biografia dove il giornalista racconta due storie, la sua e quella di Berlinguer, senza risparmiarsi e risparmiare i toni del chiaroscuro. Ultimo dettaglio, per chi ama le trame della politica. La Festa del Cinema di Roma si terrà dal 16 al 27 ottobre, in agenda già s'accendono bagliori: la politica oggi spiaggiata sarà di nuovo sulle bighe romane al Circo Massimo, con la discussione della legge di Bilancio, la campagna elettorale in Umbria, Liguria e Emilia-Romagna, mentre pochi giorni dopo la chiusura della Festa si voterà in America con il sogno dei democratici, di qua e di là, di vedere Kamala Harris alla Casa Bianca. Sono solo un paio di spunti, ma altri se ne possono aggiungere, esistono un'infinità di mosse sulla scacchiera della politica spettacolo. Il potere culturale è una formidabile macchina del consenso, è un'occasione per raccontarsi e raccontare, è quello che la destra ancora non ha, perché la sua costruzione richiede anni, la valorizzazione di persone che hanno una visione e un progetto. La sinistra non vincerà le elezioni con il cinema, «San Berlinguer» non farà questo miracolo, ma la destra non conquisterà mai l'immaginario senza la fabbrica dell'immaginazione.
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