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Mario Sechi: Spioni e spiati, il gioco dei ricatti
09-03-2024, 07:56
Come si rovescia un governo? Ci sono molti modi, legali, illegali e al confine tra il lecito e l'illecito. Perfino i metodi legali, possono essere illegali, generati da fatti che nascono nell'ombra, con azioni fuori dalla legge. La storia dello spionaggio, della raccolta, diffusione e pubblicazione di informazioni riservate su politici, imprenditori, vip, è un quadro istruttivo sulla contemporaneità: immediata, in realtà aumentata, cospiratoria, con una separazione tra il tempo reale dell'informazione/deformazione e quello differito delle istituzioni, la politica è diventata follower, il governo e il Parlamento sono in cronico ritardo. Quello che è stato pubblicato è una minima parte dei file scaricati, questo significa che esiste una raccolta enorme di documenti riservati che hanno preso il volo e sono in mano a entità in grado di ricattare, minacciare, attendere il momento giusto per utilizzare la “cartuccia” contro il nemico politico. La questione dello spionaggio sulle banche dati non è un tema per soli politici e celebrità, riguarda tutti, è lo sputtanamento collettivo di una nazione che rotola nel fango da decenni. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha proposto l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta, ma ci sono buone ragioni per attendere i fatti con calma olimpica, far lavorare il procuratore Raffaele Cantone e vedere l'azione del Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. La Prima Repubblica fu affondata dagli avvisi di garanzia e dalle inchieste dei procuratori anticipate dai giornali, la Seconda Repubblica nacque sulle macerie della rivoluzione giudiziaria e al pronti via scattò un'altra manovra contro l'imprevisto della storia che strappò la vittoria ai nipotini del Pci, Silvio Berlusconi. La partita dell'uso politico della giustizia, delle informazioni riservate, delle indagini aperte ad hoc, è andata avanti per trent'anni. La Terza Repubblica potrebbe nascere con il governo della prima donna, ma fin dal primo vagito è in corso l'operazione per far morire in culla il governo di Giorgia Meloni. Durante la gestazione dell'esecutivo, un sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio alla Direzione nazionale antimafia raccoglieva informazioni sui ministri in pectore, si trattava di accessi illegali alle banche dati riservate. È questo il “dettaglio” che sfugge a chi invoca la libertà di stampa, la natura del rapporto tra i soggetti in campo è abnorme, si rovescia completamente la posizione del giornalista (che addirittura fa da impulso all'inchiesta) e della fonte (che offre il suo “servizio di ricerca” personalizzato). Tutto avviene con accessi illegali, senza alcuna inchiesta giudiziaria in corso. Non si tratta della verifica di una notizia e neppure del “passaggio” spontaneo di carte riservate (cose che fanno parte del mestiere), è una profilazione del bersaglio su richiesta, “on demand”. In America la “dirty campaign” è una regola, i colpi bassi costellano l'elezione presidenziale (e ne vedremo parecchi da qui a novembre), ma qui siamo decisamente in un campo minato: se dalla Direzione nazionale antimafia (e non è certo l'unico ufficio dello Stato che maneggia dati riservati) escono notizie contro i politici del centrodestra e casualmente gli esponenti del Pd godono dell'immunità, allora siamo di fronte all'alterazione del gioco democratico.
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