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Pietro Senaldi: se la ricchezza è meglio del voto
13-12-2023, 10:55
Che prezzo ha la democrazia? Tre volte lo stipendio medio dei propri concittadini. È il risultato di una ricerca svolta dalle università di Princeton e di Barcellona in tre nazioni scelte non a caso: gli Stati Uniti che già sono stati e probabilmente saranno ancora di Donald Trump, il Brasile già di Jair Bolsonaro e la Francia dove Marine Le Pen vanta un'ampia maggioranza di consensi nei sondaggi. Gli americani si sono detti disposti a rinunciare a libere elezioni in cambio di uno stipendio mensile di 19mila dollari, i francesi per diecimila euro e i brasiliani per ottomila real, meno di 1.300 euro. Non sono cifre basse e gli autori della ricerca sentenziano che la democrazia è risultata tutto sommato in buona salute. Noi di Libero però non siamo così ottimisti. Per noi la democrazia non ha prezzo perché tu puoi avere tutti i soldi che vuoi ma, senza libertà, un giorno può arrivare qualcun altro a dirti che quei quattrini sono suoi e non più tuoi e, se comanda un dittatore, nessuno alzerà un dito per difenderti. È successo in Cina a Jack Ma, il fondatore di Ali Baba, colosso delle vendite su Internet, l'imprenditore più ricco del Paese, scomparso nel nulla tre anni fa, dopo un discorso nel quale indicava al regime le urgenti sfide di rinnovamento che avrebbe dovuto affrontare. Accade ripetutamente a Mosca, agli oligarchi che cadono in disgrazia presso Putin, come Michail Chodorkovskij, petroliere e uomo più ricco della Russia, incarcerato in Siberia dopo aver denunciato la corruzione dilagante nel Paese. I francesi e gli americani intervistati per la ricerca non hanno mai assaporato il gusto della dittatura e probabilmente per questo sono pronti a svendere la democrazia, mentre per i brasiliani è un ricordo vecchio di quarant'anni. Ma forse c'è anche dell'altro. C'è un brutto clima in Occidente e nel mondo, e non solo per le guerre in Ucraina e a Gaza, perché conflitti ce ne sono sempre stati. È che oggi nelle democrazie comanda l'intolleranza. Chiunque può dire qualsiasi cosa, tutto è lecito perché tutto fa polemica allo stesso modo, una banalità ha la stessa forza di indignare di un fatto grave. Si abusa delle parole, per esempio dell'accusa di essere fascista. Prima lo era Berlusconi, oggi lo è la Melodittatura ni e se sul palco della Scala la massima autorità è La Russa, ecco che si aspetta che si abbassino le luci per attaccarlo, perché questo era lo scopo dell'urlo nel buio “viva l'Italia anti-fascista” di chi, a differenza dei partigiani veri, non voleva metterci la faccia. Il punto è che se tu ogni giorno sostieni che la Meloni è fascista perché non governa come piace a te ma come piace alla maggioranza degli italiani, non finisci per indebolire lei ma per sdoganare il fascismo, rendendolo nell'immaginario collettivo compatibile con la democrazia. Questo perché, come insegna il paradosso della tolleranza del grande filosofo Karl Popper, non porre un freno alla libertà di insulto e di critica non è indice di una società libera ma è l'anticamera di una realtà destinata a essere dominata dalle frange estremiste, visto che solo l'intolleranza verso gli intolleranti è garanzia di un mondo realmente aperto, come inteso da Kante, secondo il quale la libertà di ognuno di noi si ferma dove inizia quella altrui. A mettere a rischio la democrazia sono coloro che gridano “al lupo, al lupo” quando il lupo non c'è, perché quando arriva per davvero nessuno li prenderà sul serio. Anziché attaccare la Meloni come ha fatto ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il quale - anziché badare alla criminalità e alla viabilità ha approfittato del 54° anniversario della strage di Piazza Fontana per rimproverare alla premier di non aver mai condannato il Ventennio, l'opposizione dovrebbe onorare la Costituzione preparando una proposta alternativa valida di governo e di progetto per il Paese. Non lo fa perché sia Schlein sia Conte sono consapevoli che, al posto della leader di Fdi, farebbero di peggio. La sinistra grida all'allarme fascismo non perché ci crede ma perché ormai ha maturato un complesso di inferiorità nei confronti di Giorgia. Ed è la sola cosa su cui ha ragione.
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