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Senaldi: gli azzurri cestinano il Green deal
21-07-2024, 15:10
Il parere dei conservatori di Giorgia Meloni, che non l'hanno votata dopo che Ursula von der Leyen ha deciso di avvalersi dell'appoggio dei Verdi, è che la maggioranza della presidente durerà pochissimo. Agli occhi degli europarlamentari di Fdi è inevitabile che andrà così, perché una larga parte dei Popolari ha subìto la scelta di Ursula per garantirsi la rielezione, ma in realtà non sopporta gli ultra-ambientalisti e farà loro guerra. Di più, c'è chi addirittura è convinto, nella destra, che quella cinquantina di voti che mancano alla presidente nel confronto tra i partiti che hanno detto che l'avrebbero votata (in potenza 454 teste) e gli europarlamentari a essi appartenenti che davvero lo hanno fatto (401), arrivino soprattutto dai Popolari piuttosto che dai 53 delegati Verdi, i maggiori indiziati del tradimento. Di certo, ieri si è avuta la prima avvisaglia di una convivenza che sarà difficile. Il capogruppo di Forza Italia a Bruxelles, Fulvio Martusciello, ha annunciato che gli azzurri martedì non voteranno un ambientalista alla presidenza della Commissione Cultura, come invece previsto dagli accordi funzionali alla riconferma della von der Leyen, per favorire la quale il Ppe aveva ceduto ai Verdi il suddetto incarico. «Monta la rabbia dei Popolari contro gli ambientalisti» informa Martuscello, «che pretendono posti pur essendo venuti meno alle intese, non avendo votato compatti per la presidente». Il forzista rilancia: «I Verdi non fanno parte della maggioranza, non hanno nulla a che vedere con il nostro programma e, per quel che ci riguarda, sono all'opposizione». Un cartellino rosso, che troverebbe il conforto anche di altri partiti appartenenti al Ppe, i quali avrebbero espresso solidarietà a Forza Italia. Si pensa ai francesi, ai romeni, agli sloveni, ma anche a una parte di spagnoli e perfino di tedeschi. Massimiliano Salini, braccio destro di Manfred Weber e vicepresidente del Ppe non ne fa una questione di patti traditi ma di indirizzo politico della maggioranza. «Nel sostenere Ursula», spiega l'europarlamentare forzista, «i Verdi hanno deciso liberamente di correre un rischio senza ot tenere nessuna garanzia, l'hanno ammesso loro stessi, riconoscendo che l'agenda della presidente non è ambientalista». Il braccio di ferro sulla presidenza della Commissione Cultura sarebbe quindi poca cosa rispetto a quello che verrà. «I numeri all'Europarlamento sono tutti a nostro favore» insiste Salini, «detteremo noi l'agenda e ai Verdi non concederemo nulla, sono d'accordo anche tedeschi, francesi e spagnoli». In ballo ci sono le revisioni, già scadenziate, della direttiva sulle case verdi, sulla politica agricola e le condizioni di produzione e per ottenere i finanziamenti, sui limiti alle emissioni di Co2 per gli autoveicoli, sulle norme relative agli imballaggi. Tutti capitoli sui quali la nuova maggioranza Ursula intende correggere, per non dire smontare, i deliri ultra-ambientalisti imposti dall'ex vicepresidente socialista, l'olandese Frans Timmermans. La prospettiva dei popolari, non solo di quelli italiani, è collaborare con i Conservatori della Meloni per imprimere un cambio di linea, visto che a Bruxelles le maggioranze sono variabili, «proseguendo il percorso comune impostato negli ultimi due anni da von der Leyen e Meloni e che ora può contare su grandi numeri» chiosa Salini. D'altronde, il fatto che i Verdi non prendano la presidenza della Commissione parlamentare per l'Ambiente, che dovrebbe essere stata opzionata dal Pd, con Antonio Decaro, è significativo del fatto che sui temi ambientalisti ci sarà quantomeno un rallentamento. Una presidenza di Commissione a Bruxelles (tra Bilancio e Agricoltura) andrà certamente anche a Fdi, che dovrebbe incassare anche cinque vicepresidenze, ma il partito tiene coperti i nomi. I forzisti invece hanno barattato l'incarico con la vicepresidenza del Ppe a Salini e martedì incasseranno solo la vicepresidenza della Commissione per il Controllo dei Conti per Caterina Chinnici. Fuori dalla partita delle assegnazioni sono finiti i Patrioti, malgrado, con 81 rappresentanti, siano il terzo gruppo all'Europarlamento. Sono rimasti vittime del cosiddetto cordone sanitario, in base al quale non si danno incarichi alla destra. Ma per Salini, che non si fa impressionare dal duro botta e risposta di ieri tra Salvini («Meglio restare senza vicepresidenti piuttosto che votare con le sinistre per una poltrona e diventare imbarazzanti») e Tajani («Puerile dire che abbiamo votato come la Schlein, allora la Lega ha votato come Conte e Fratoianni»), nulla è perduto. «Il cordone sanitario» spiega l'eurodeputato azzurro, «che trovo fuori luogo, si applica sulle nomine ma non sulle votazioni. Ho sempre condiviso le mie norme con chi voleva sostenerle e sono pronto a sostenere quelle dell'estrema destra che mi vedranno d'accorto». D'altronde, si riflette nella componente italiana del Partito Popolare, la collaborazione del centrodestra è un tema da tenere vivo anche in Europa ed è sempre interessato anche alla Lega, che con il ministro Giancarlo Giorgetti ha più volte partecipato e favorito incontri presso la Fondazione Adenauer. «Sogno di governare in Europa abbracciato ai conservatori» chiosa Salini, «e anche accogliendo qualche idea dei patrioti». Quanto alla Meloni che non vota Ursula, è ritenuta una posizione di bandiera che in realtà non ha stupito il Ppe. «Ma avrebbe potuto avere più coraggio» conclude il braccio destro di Weber, che però fa capire che i popolari restano nel centrodestra e contano sui conservatori: «Meloni sa che tutti sono capaci di dar battaglia da fuori, ma è più efficace picchiare duro governando»; e per governare anche nella Ue, Fdi non si è tagliata i ponti. «Certo, il pallino è nostro, che abbiamo 188 europarlamentari». Non certo dello sparuto drappello dei 53 Verdi, che alla fine, pur avendo in parte votato Ursula, vedranno passare molti emendamenti presentati dagli 81 conservatori rispetto ai loro.
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