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Zaccardi: La cura Tvares mette a rischio 24mila posti di lavoro
08-12-2024, 07:01
E adesso è l'indotto a tremare. La notizia dei 97 licenziamenti di Trasnova, azienda che fornisce servizi logistici in tutti gli stabilimenti di Stellantis, ha reso evidenti le conseguenze della crisi del gruppo automobilistico. Ma l'effetto potrebbe essere dirompente. Perché oltre ai dipendenti diretti, ci sono altri 300 lavoratori in subappalto di Trasnova a rischio. Secondo altri conteggi, invece, i licenziamenti collettivi attivati dall'azienda potrebbero costare il posto a 249 addetti. Ma al di là dei numeri esatti, quello che conta è il contagio che la crisi di Stellantis ha innescato su tutto il tessuto produttivo italiano, i cui contorni non è ancora facile tracciare. Secondo Assolombarda, la filiera dell'automotive, considerando dunque indotto e componentistica, occupa circa 273mila addetti. Cifra che tocca quota 1,2 milioni se si tiene conto di tutti i servizi legati al settore, per un giro d'affari di 300 miliardi di euro. Insomma, uno dei pilastri dell'economia rischia di sbriciolarsi per il crollo di Stellantis. Una caduta fotografata da numeri impietosi. In Europa, ad ottobre, il gruppo ha venduto poco più di 150mila auto, il 16,7% in meno dello stesso mese di un anno fa; la quota di mercato si è ridotta di conseguenza dal 17,4 al 14,4%. Da inizio anno, le immatricolazioni (1,7 milioni) segnano invece un calo del 7,1%: la fetta di mercato nelle mani di Stellantis è passata dal 17,1% del 2023 al 15,7%. Certo, la crisi riguarda tutto il settore, come dimostrano le difficoltà di Volkswagen. Ma che al crepuscolo dell'ex Fca abbia contribuito anche la gestione dell'ex ad Carlos Tavares, rimosso domenica scorsa, con l'avallo del principale azionista Exor- la cassaforte degli Agnelli guidata da John Elkann detiene il 14,9% del capitale - è pacifico. Da quando è nata nel gennaio 2021, Stellantis ha seguito un preciso programma di disimpegno dall'Italia che si traduce in un dato: il taglio del 20% dei posti di lavoro, che sono passati da 52.700 a 42.500. Solo quest'anno, sono stati accompagnati alla porta, con esodi incentivati (tra i 30 a i 130mila euro a lavoratore) 3mila dipendenti. A questo va aggiuntala capacità produttiva inutilizzata, che contribuisce a gonfiare i costi di produzione. Basti pensare ai fondi per la cassa integrazione che l'azienda ha ricevuto. Mentre tra il 2014 e il 2020, Fca ha ottenuto 446 milioni di euro come contributi per gli ammortizzatori sociali (dei quali 263 a carico dell'azienda), dal 2021, con l'arrivo di Stellantis (e di Tavares) la cifra si è impennata: a maggio 2024, l'Inps aveva speso per la cassa integrazione oltre 700 milioni di euro su 984 totali. E ad oggi tutti gli stabilimenti italiani sono in cig. A Mirafiori per 250 lavoratori gli ammortizzatori scadono a fine anno. Mentre le proiezioni per il 2025 sono tutt'altro che rassicuranti. Secondo la Fim-Cisl, esclusi i siti di Atessa e Pratola Serra, la cassa scadrà per 12mila dipendenti di Stellantis e altrettanti dell'indotto: senza una proroga, l'unica prospettiva è la perdita del posto. A pagare il prezzo più elevato potrebbe essere il Mezzogiorno, dove si concentra la produzione di Stellantis: nei primi nove mesi di quest'anno, il 90% dei veicoli è stato prodotto dagli stabilimenti meridionali (Pomigliano, Melfi, Atessa) che occupano circa 24mila addetti. Ma è anche al Sud che le difficoltà sono maggiori: tra gennaio e settembre gli impianti hanno perso oltre 110mila veicoli (-25%), con Melfi in caduta verticale (-62%). Ma che la gestione Tavares sia stata in una certa misura miope, andando a privilegiare la distribuzione dei dividendi a scapito degli investimenti e della produzione, emerge dai bilanci di Stellantis degli ultimi anni. Come ricostruito dal Sole 24 Ore, in tre anni, fino al 2023, il gruppo ha macinato utili per circa 50 miliardi di euro, dei quali 11,7 girati agli azionisti (Exor ha incassato 1,6 miliardi). Nel suo primo anno di vita, Stellantis ha registrato profitti per 14,2 miliardi, che sono saliti a 16,7 miliardi l'anno dopo per toccare il record di 18,6 miliardi nel 2023. Insomma, una performance strepitosa, almeno sul piano finanziario. Perché nello stesso periodo Stellantis riduce la produzione e riesce a mantenere alta la redditività solo aumentando del 30-40% i prezzi delle auto. I volumi passano infatti dai 7,7 milioni della somma di Fca e Peugeot del 2019 (prima della fusione) ai 5,9 milioni del 2021. Quest'anno, le unità prodotte dovrebbero attestarsi a 5,4 milioni. In quattro anni, dunque, la produzione ha perso 2,2 milioni di veicoli. E sarà proprio del rilancio dell'azienda che si discuterà al tavolo convocato al Ministero delle Imprese il 17 dicembre. Il ministro Adolfo Urso ha annunciato che, dopo il taglio di 4,6 miliardi al fondo per l'auto previsto in manovra, i circa 200 milioni rimasti per il 2025 saranno integrati fino ad arrivare a 750 milioni: risorse destinate a sostenere gli investimenti ma non gli incentivi all'acquisto.
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