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Cronaca
Celeste Palmieri, una vita spezzata. Il fratello: "In nome tuo salveremo altre donne"
Ieri 31-05-25, 19:41
AGI - "Io è come se non avessi più le gambe per camminare però di una cosa sono certo: voglio dedicare il resto della mia vita a parlare della storia di mia sorella perché nessuna donna venga più uccisa da un sistema che sottovaluta la violenza di genere com'è successo a lei". Luigi Palmieri contempla i grattacieli in lontananza da una terrazza milanese illuminata dalla primavera che fa scintillare sullo schermo del telefono la foto col sorriso di Celeste mentre sventola un paio di scarpe d'argento coi tacchi a spillo. "Non le mancava mai questo sorriso. Mai. Nemmeno quando lui la massacrava di botte, nemmeno quando, nell'ultima parte della sua vita, si curava per un tumore al seno e continuava a ripetere di sentirsi la morte dietro le spalle. Non per il cancro, ma per lui". Tutta la luce di Celeste Palmieri, madre di cinque figli, si è spenta a 56 anni il 18 ottobre 2024 quando il marito Mario Furio l'ha uccisa sparandole in un parcheggio di un supermercato a San Severo, vicino a Foggia, e poi si è suicidato con la stessa pistola. Un giovane poliziotto che stava facendo jogging in zona senti' i colpi e, capito che non c'erano più speranze, si sdraiò vicino a lei tenendole la mano fino alla fine. Disse, poi, che l'ultimo soffio di Celeste gli aveva cambiato la vita e che, da allora, si sarebbe dedicato a convincere le donne a denunciare. Negli ultimi tempi anche Luigi ha un cancro ma non è questa la priorità nel suo orizzonte. "Leggo e rileggo il referto del 112 in cui la sua richiesta di aiuto, quella mattina, venne catalogata come 'priorità bassa', sebbene lui indossasse il braccialetto elettronico, avesse il divieto di avvicinamento e, pochi giorni prima, le avesse puntato un coltello alla gola sotto gli occhi dei carabinieri". Luigi Palmieri ha deciso di aprirsi per raccontare all'AGI la sottovalutazione da parte di chi ricevette la chiamata che si aggiunge a tutte le altre di chi avrebbe dovuto proteggerla ma, più di ogni cosa, perché vorrebbe portare la storia di Celeste in ogni angolo, farla crescere come una pianta che può donare dei frutti buoni anche sulla terra bruciata da un dolore che ha marcato un prima e un dopo. Prima. "Io abito da tanti anni a Milano, ho sempre lavorato nelle forze dell'ordine. Mario era un amico di San Severo, un agente della polizia penitenziaria. Una persona tranquilla. Tutto, da come presumo, cambiò con la morte di sua madre. Lui era in missione a Pavia, non gli comunicarono la disgrazia e cominciò a manifestare i primi segni della malattia psichiatrica. Con Celeste erano sposati da cinque anni e avevano due figlie. La Commissione medica di Bari per le forze dell'ordine qualche anno fa riconobbe che stava male e lo pensionò in anticipo. Mi domando come l'amministrazione penitenziaria non si sia accorta prima delle sue condizioni". Luigi la vedeva poco, quando scendeva per le feste. "Non mi raccontò mai delle botte che prendeva. Ci sentivamo spesso, la adoravo e mi confidavo con lei come con nessuno". Una volta Celeste prese il treno e salì al nord coi tre figli da Luigi e dalla mamma. "Mi spiegò che era scappata perché per l'ennesima volta era stata massacrata da Mario. Mi arrabbiai perché mi aveva tenuto all'oscuro fino ad allora. Poi, vedendo i referti del pronto soccorso, seppi che era dal primo giorno del matrimonio che la picchiava. Per gelosia, lui le diceva. Sembrava determinata a separarsi, ma Mario la raggiunse a Milano. Stava malissimo. Lo videro con una parrucca rossa davanti a un supermercato e a una cassa valori qui vicino. Una Volante di passaggio lo identificò. Era in condizioni cosi' gravi che decisero di sottoporlo a un Tso e gli tolsero la pistola. Finita la cura, chiese a Celeste di riprovarci e lei accettò. Andammo a trovarlo all'ospedale psichiatrico e lo riportammo a casa. Pensavamo che si potesse ricominciare". Invece riprese tutto come prima e poi peggio di prima. Nel 2018 Mario tentò di strangolarla e venne indagato per tentato omicidio. "Siamo andati da un legale e Celeste ha messo sul tavolo il malloppo dei referti: costole, naso, ogni parte del corpo era stata mortificata da Mario. Arrivò un'ispettrice della Polizia molto brava e ci esortò a portare avanti la cosa. Celeste però ritirò la denuncia perché pensava che i bambini sarebbero stati infelici senza il papà. L'inchiesta è andati avanti anche senza denuncia, mi hanno chiamato a testimoniare ma io ero a Milano, cosa potevo dire? Non avevo visto. C'era solo una donna anziana che, lei si', aveva visto ma lui la minacciò". Mario viene assolto e arrivano altri due bambini. Due anni dopo Celeste riprovò ad andarsene dalla madre. "Ma non era indipendente a livello economico e non avrebbe potuto vivere da sola". Nella testa di Mario le ossessioni proliferavano sempre di più. "Era malato e doveva essere aiutato. Pensava, nei suoi turbamenti, che la famiglia di Celeste non li sostenesse abbastanza, odiava la suocera. Provai a mettere a disposizione di Celeste la mia casa al mare. Lei mi rispose: "Nemmeno per sogno, lui poi non vi ci farà mai più mettere piede". Dissi che non me ne fregava niente, che non sarebbe stato un problema se fosse servito per tranquillizzarlo". Nel 2023 squilla l'ultima sirena. "I carabinieri andarono a casa per notificare qualcosa a Mario. Lui, davanti a loro, le mise un coltello alla gola, lei per liberarsi si tagliò e da quel momento il caso divenne da 'Codice rosso'. Dalla caserma Mario Furio usci' con un divieto di avvicinamento all'inizio di 500 metri ma che poi divenne di 150 perché il giudice accolse la sua richiesta dal momento che aveva un alloggio a quella distanza. Una distanza ridicola...". Il braccialetto suonava a caso e a volte non suonava nemmeno quando Mario percorreva quei pochi metri della 'zona rossa'. "Abbiamo segnalato tante volte che non avvertiva Celeste che Mario le era vicino. Nel frattempo lei andava su e giù perché a Milano seguiva le terapie per il tumore. La implorai: 'Resta qui, c'è un appartamento per te e i ragazzi' ma lei diceva che non voleva togliere gli amichetti ai figli, dare a lui quella 'soddisfazione'". Il giorno dell'omicidio Quella mattina Celeste era con la cognata all'Eurospin, lei entrava e lui usciva violando, di nuovo, il divieto. "Ha chiamato il 112 avvertendo che il marito si era avvicinato troppo. 'Ho paura che mi metta a terra ha detto alla cognata. Lui ha avuto il tempo di andare a casa sua, prendere la pistola e tornare. Lei nel frattempo era rimasta sola. Nel video, cosi' mi hanno raccontato perché non ho avuto il coraggio di guardarlo, si vede lui che cerca di parlare con lei, lei lo respinge, prova ad allontanarlo con lo spray al peperoncino". La Procura di Foggia sta indagando su possibili eventuali responsabilità nel cattivo funzionamento del braccialetto e nella sottovalutazione del pericolo nell'ambito di un procedimento in cui Luigi è affiancato dall'avvocato Marcello Lorusso. Nel frattempo, Luigi ha incontrato Giorgia Leone, una legale che da anni segue le donne in tante inchieste da 'codice rosso' spingendo il suo impegno oltre il lavoro. È lei che lo sta incoraggiando a irrobustire quel seme nato dal dolore che può dare dei frutti buoni. Prevenzione e formazione "Il caso di Celeste è emblematico perché intreccia due macro temi in termini di violenza di genere: la prevenzione e la formazione - riflette Leone -. La prevenzione si basa su strategie mirate a cambiare le radici culturali e le cause che la favoriscono. Quindi, in pratica: educazione, sensibilizzazione, promozione dell'uguaglianza e politiche che alimentino il rispetto e la non violenza, ma anche interventi precoci e fattivi programmi di intervento per gli autori di violenza, con l'obiettivo di promuovere il cambiamento comportamentale e prevenire la recidiva, o persino epiloghi efferati di cui è stata vittima Celeste. Altrettanto importante è la prevenzione secondaria, che si rivolge a individui a rischio o a situazioni a rischio, intervenendo anzitempo per prevenire o limitare l'escalation della violenza. L'istruzione alla gestione di questa gravissima epidemia socio-culturale che si diffonde in modo trasversale mira a sensibilizzare, a educare e a fornire strumenti a individui e professionisti - forze dell'ordine, avvocati, operatori sociali, sanitari, educatori-, e a organizzazioni, ad esempio, i centri antiviolenza, per riconoscere e contrastare questo fenomeno, ma anche per prevenirlo. Almeno cosi' dovrebbe essere, alla luce soprattutto della normativa esistente e delle esigenze sociologiche, affinché la vittima possa non avere più paura, sentendosi tutelata e protetta per evitare di rischiare una morte annunciata com'è stato per Celeste e probabilmente anche quella del marito". "Abito vicino a dove vivevano Alessia Pifferi e la sua bambina morta di stenti - è Luigi che torna a parlare -. Mi sono sentito in colpa anche per non avere sentito quella bambina che piangeva. Avrei potuto salvarla? Me lo sono chiesto mille volte... Con me c'è anche mia madre: la sua stanza è un cimitero con le foto del sorriso di Celeste. Però - stringe i pugni a darsi forza - la mia vita sta riacquistando un senso grazie a mia sorella. Ci penso ogni notte quando mi sveglio, sempre pensando a lei. Celeste, te lo prometto: racconterò la tua storia finché avrò fiato e in nome tuo salveremo altre donne".
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