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Cronaca
Consulta: la madre intenzionale può riconoscere il figlio nato da procreazione assistita
Oggi 22-05-25, 15:29
AGI - E' incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione assistita legittimamente praticata all'estero. Lo ha sancito la Corte costituzionale affermando che l'articolo 8 della legge 40 del 2004 "è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all'estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale". Con una sentenza depositata oggi, i giudici della Consulta hanno quindi ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal tribunale di Lucca. La Corte - dopo aver precisato che la questione non attiene alle condizioni che legittimano l'accesso alla Pma in Italia - ha ritenuto che "l'attuale impedimento al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa all'estero insieme alla madre biologica non garantisca il miglior interesse del minore e costituisca violazione" sia dell'articolo 2 della Costituzione, "per la lesione dell'identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile", che dell'articolo 3 della Costituzione, "per la irragionevolezza dell'attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale", e dell'articolo 30 della Costituzione, "perche' lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli". La dichiarazione di illegittimità costituzionale, spiega Palazzo della Consulta, si fonda su due rilievi: "la responsabilità che deriva dall'impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla Pma per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi" e "la centralità dell'interesse del minore a che l'insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale". Dalla considerazione di questi fondamenti, osserva ancora la Corte, "discende che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all'identità personale del minore e pregiudica sia l'effettività del suo 'diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni', sia il suo 'diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale'". Consulta: non irragionevole il divieto di Pma per donne single La scelta legislativa di non consentire alla donna singola di accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) "limita l'autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata". È quanto si legge in una sentenza depositata oggi, con cui la Corte costituzionale ha ritenuto "non fondate" le questioni di legittimità costituzionale che erano state sollevate sull'articolo 5 della legge 40 del 2004, nella parte in cui non consente alla donna singola di accedere alla Pma. La Corte ha ricordato che "la disciplina dell'accesso alla Pma presenta rilevanti implicazioni bioetiche e incisivi riflessi sociali sui rapporti interpersonali e familiari" e per tale ragione, "essa è rimessa, in linea di principio, alla discrezionalità del legislatore, con l'unico limite della manifesta irragionevolezza e sproporzione alla luce del complesso degli interessi coinvolti". "Restituita dignità alle famiglie arcobaleno" "Oggi è una giornata storica, e lo dico con emozione: la Corte Costituzionale dice si' al riconoscimento alla nascita di bimbe/i nate/i in Italia con due mamme a fronte di Pma fatta all'estero. Una sentenza che restituisce dignità e serenità alle tante famiglie arcobaleno che vivono nel nostro Paese e che riconosce l'instancabile impegno dell'associazione Famiglie Arcobaleno e il lavoro straordinario di Rete Lenford". Lo afferma la responsabile Libertà e Diritti di Sinistra Italiana, Marilena Grassadonia, dopo la sentenza di oggi della Consulta per cui la madre che ricorre a Pma all'estero può riconoscere come proprio figlio nato in Italia. "Di fronte a un Parlamento non all'altezza della situazione, che abbiamo costantemente sollecitato anche depositando la proposta di legge scritta dalle due associazioni e che prevede tra le altre cose il riconoscimento alla nascita, ancora una volta - prosegue - le famiglie arcobaleno conquistano il riconoscimento di pari diritti nelle aule di giustizia. Una sentenza che dà uno schiaffo a chi continua a blaterare e a fare propaganda sulla pelle di bambini e bambine in carne ed ossa. Una sentenza che ci riconcilia con quel senso di giustizia e responsabilità che riconosce il diritto a bambini e bambine alla loro serenità". "Lo diciamo da più di vent'anni, non faremo mai un passo indietro perché siamo dalla parte giusta della storia", conclude
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