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Cronaca
Giovanni Brusca è libero: fine della libertà vigilata
Ieri 05-06-25, 14:15
AGI - Giovanni Brusca è tornato libero a tutti gli effetti, benché ancora scortato dal Servizio centrale di protezione, che segue ogni suo movimento: la differenza tra il prima e il dopo è dunque labile, eppure l'effetto psicologico della scadenza dei quattro anni di libertà vigilata, caduta nei giorni scorsi, ha eliminato tutti gli obblighi residui a carico del boss di San Giuseppe Jato (Palermo) ed è di notevole impatto. Brusca, che azionò il telecomando della strage di Capaci e fece uccidere e sciogliere nell'acido il cadavere di Giuseppe Di Matteo, tenuto per due anni e due mesi in prigionia, non ha più l'obbligo di stare a casa dalle otto di sera alle otto del mattino né di firmare tre volte alla settimana nella caserma dei carabinieri del luogo in cui risiede. È libero in tutti i suoi movimenti, benché scortato: quando finirà anche questo sarà in grado di spostarsi dove e come vorrà. La reazione di Pietro Grasso "Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l'ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni '80 e '90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l'Italia". Così Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione Scintille di Futuro. "Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare, ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L'unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro è collaborare con la giustizia – sottolinea –. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto". Il commento di Maria Falcone "Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni, sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno". Lo afferma Maria Falcone, riferendosi alla liberazione di Giovanni Brusca, l'uomo che azionò il telecomando che fece saltare in aria l'autostrada a Capaci. "Brusca – prosegue Maria Falcone – ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra. Le sue confessioni hanno contribuito all'arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti". "Tuttavia – sottolinea – non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un'area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero. Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone, oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell'acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo – conclude – oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia".
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