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Estero
Israele e Turchia litigano per una tavola di 2700 anni fa
Oggi 19-09-25, 00:57
AGI - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è tornato a parlare della 'tavola di Siloam', un reperto risalente a 2.700 anni fa riemerso a Gerusalemme e portato in Turchia da archeologi turchi nel 1880, quando la città sacra era parte dell'impero ottomano. Reperto che attualmente è esposto nel Museo Archeologico di Istanbul e che Netanyahu da più di 25 anni tenta, invano, di far tornare in Israele. Una richiesta che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non prenderà mai in considerazione. Tensioni tra Turchia e Israele I rapporti tra Ankara e Tel Aviv sono infatti tesissimi e il leader turco non è intenzionato a offrire al governo israeliano un ulteriore strumento per rafforzare la retorica delle radici giudaiche di Gerusalemme. Appena ieri il premier israeliano ha ricordato di aver chiesto le antiche iscrizioni nel 1998 all'allora premier turco Mesut Yilmaz. Nonostante i rapporti tra Turchia e Israele fossero all'epoca eccellenti, fu proprio Erdogan, allora sindaco di Istanbul, a opporsi. Il tema si ripropone oggi, con i rapporti tra i due Paesi ai minimi storici e una guerra di nervi in corso che non riguarda solo Gaza e Cisgiordania, ma anche Siria e Mediterraneo Orientale. Il valore storico delle iscrizioni di Siloam Per Israele le iscrizioni di Siloam, uno dei testi in ebraico antico più antichi, costituiscono la prova del legame millenario tra Gerusalemme e l'ebraismo. Un legame che la Turchia intera rigetta, considerando il reperto acquisito in maniera legale e parte del proprio patrimonio. Ritrovato nel 1880 nel tunnel di Siloam, lungo 533 metri e che dà il nome al reperto, è stato datato al regno di re Hezekiah (inizio 700 A.C.), che ordinò la costruzione del tunnel come rifugio in caso di attacchi da parte della cavalleria assira. Il tunnel, ancora oggi visitabile, era collegato alle riserve di acqua di Siloam, cruciali per rifornire la popolazione in caso di assedi e ancora oggi una risorsa per la città vecchia. Le rivendicazioni politiche e le opinioni degli storici Le iscrizioni che ora si trovano a Istanbul descrivono il lavoro degli operai impegnati sui due lati negli scavi e raccontano il momento in cui le voci di questi ultimi sono diventate udibili dai compagni che scavavano dal lato opposto. Sulle rivendicazioni dal sapore squisitamente politico che oggi accompagnano le iscrizioni si sono abbattuti ora i pareri degli accademici e storici turchi. Il professore di Storia delle Religioni Ismail Taspinar ha bollato le pretese israeliane come "sforzi di lunga data della politica, che mira a utilizzare testi sacri o antichi per costruire una identità nazionale". "Ci sono anche delle iscrizioni risalenti all'impero romano, ma questo non significa che i luoghi dove vengono ritrovate appartengano all'Italia", ha detto lo storico Ilber Ortayli. La posizione del ministero della Cultura turco Il ministero della Cultura turco ha mostrato nel 2022 il certificato di trasferimento del reperto, risalente al 1883, asserendo che si tratta di una data "di gran lunga anteriore alla nascita di Israele", nonché la prova di un'acquisizione totalmente legale. "Le iscrizioni rimangono in Turchia e non saranno esposte all'estero". Una risposta perentoria, che stronca l'eventualità di un'azione legale da parte di Israele che chiede le iscrizioni da più di 20 anni. Alla già menzionata prima richiesta di Netanyahu a Yilmaz del 1998 ne seguì una seconda nel 2004. Fu l'allora sindaco di Gerusalemme, Uri Poliansky, a chiedere di poter esporre temporaneamente le iscrizioni di Siloam, offrendo in cambio la costruzione di un memoriale per i soldati ottomani morti durante la prima guerra mondiale. Proposta rispedita al mittente, nonostante i due Paesi avessero ancora buoni rapporti diplomatici. I tentativi falliti di Israele Nel 2007 fu l'allora presidente israeliano Shimon Peres a chiedere il reperto al collega turco Abdullah Gul per i 60 anni di Israele. Le tensioni relative a Gaza bloccarono l'intesa che pareva vicina ed Erdogan, premier all'epoca dei fatti, disse di no. Dieci anni dopo i due Paesi ristabilirono le relazioni diplomatiche dopo una lunga crisi. Fu allora che scattò il tentativo del ministro della cultura israeliano Miri Regev, che offrì, invano, due elefanti per lo zoo della città di Gaziantep. Israele in seguito ha offerto una iscrizione ottomana scolpita in onore di Solimano il Magnifico che si trova nel museo nazionale e uno storico candelabro ottomano; tuttavia la risposta da parte di Ankara non è mai cambiata. "Non permetteremo a nessuno di sporcare Gerusalemme. Il cuore di tutti i musulmani è per metà alla Mecca e metà nella Città Santa" ha detto Erdogan appena ieri. Lo stesso leader turco ha sempre definito la città "una linea rossa" per le azioni israeliane. Una posizione chiara che non lascia alcun barlume di speranza a Netanyahu, desideroso di riportare l'antico reperto in patria e utilizzarlo come ulteriore strumento per giustificare le politiche israeliane.
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