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Al voto oggi la relazione che inchioda Salis. “Ecco i motivi per cui le va tolta l'immunità”
Oggi 23-09-25, 07:44
«Il Parlamento non ha riscontrato alcuna prova di fumus persecutionis», ovvero «elementi dai quali si evinca che le azioni giudiziarie in questione siano state intentate al fine di danneggiare l'attività politica della deputata in qualità di membro del Parlamento europeo». Sono queste le motivazioni con cui questa mattina, a Bruxelles, verrà votata la richiesta di revoca dell'immunità a Ilaria Salis. La relazione che chiede di toglierle l'immunità porta la firma di Adrian Vazquez Lazara, eurodeputato spagnolo del Ppe. Quello che andrà in scena oggi in commissione Affari legali (Juri) è un vero braccio di ferro. Da una parte le sinistre, con i Socialisti, i Verdi e gli eurodeputati del gruppo The Left, di cui fa parte Salis. Dall'altro, le destre, con i Conservatori, i Patrioti e i Popolari. Le sinistre sperano in qualche franco tiratore tra le fila del Ppe, il pressing in questo senso, infatti, pare che si sia particolarmente intensificato negli ultimi giorni. Ieri il gruppo dei Greens/Efa (i Verdi/Alleanza Libera Europea) hanno chiesto e ottenuto il voto segreto. Quindi, non saranno ammesse neanche le luci sullo schermo, in modo da non far sapere come si saranno espressi i 25 europarlamentari che fanno parte della commissione Juri. A Salis, per salvarsi, serviranno 13 voti contrari alla revoca. Al momento quelli della sinistra sono solo 11. Motivo per cui ha bisogno di due franchi tiratori. Il relatore Vazquez Lazara ha ricordato che «la valutazione di una richiesta di revoca dell'immunità deve essere fatta sui criteri oggettivi stabiliti dal Parlamento europeo e non su decisioni politiche. Non è una cosa che va discussa in seno ai gruppi politici, se così fosse si correrebbe il rischio di un ricorso alla Corte Ue». Poi, ha sottolineato che «in ogni caso il voto sarà solo indicativo, perché la vera decisione sarà presa col voto in plenaria», a maggioranza semplice dei presenti, previsto per il 7 ottobre. Che la valutazione debba essere tecnica è una mera chimera. Nessuno nasconde che il primo verdetto atteso oggi sia essenzialmente politico. Eppure, leggendo la relazione redatta dall'eurodeputata del Ppe si capisce come i presupposti per mantenere l'immunità siano pressoché inesistenti. Oltre all'assenza del fumus persecutionis, ci sono altri elementi di cui tenere conto. Innanzitutto si ricorda che l'immunità è stata istituita per proteggere il Parlamento e i suoi deputati da procedimenti relativi «ad attività svolte nell'esercizio del mandato parlamentare e che non possono essere disgiunte da tale mandato». Come noto, invece, i fatti di cui è accusata l'eurodeputata di Avs in Ungheria risalgono ad un periodo precedente alla sua elezione, per l'esattezza al 10 e 11 febbraio 2023. È la stessa relazione a rievocare quei fatti, quando Salis, secondo quanto le viene contestato dal tribunale ungherese, si recò a Budapest per partecipare agli «attacchi in occasione della cosiddetta Giornata dell'Onore». I capi di accusa sono particolarmente gravi. I presunti reati di cui si sarebbe macchiata, viene riportato ancora nel documento, sono «tentate lesioni aggravate potenzialmente letali», in due casi come «coautrice», in un caso come «complice». Se Fratelli d'Italia e Lega, che contano un eurodeputato a testa nella commissione Juri, hanno fatto sapere che voteranno a favore della revoca dell'immunità, dal Partito democratico assicurano il loro voto contrario. Pina Picierno, vicepresidente del parlamento europeo, ieri ha pure scritto una lettera ai colleghi europarlamentari per invitarli a salvare Salis, ricordando che «lo stato di diritto in Ungheria si è progressivamente deteriorato: le accuse che l'Ungheria muove a Salis - lesioni lievi e l'appartenenza a un'organizzazione terroristica antifascista, designazione avvenuta solo dopo i presunti fatti per aggravare la sua posizione - sono il riflesso di una giustizia che da tempo non risponde più agli standard europei».
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