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Cesare Cremonini e Roma: si è innescato qualcosa di grande
Oggi 19-07-25, 08:15
C'è una verità incontrovertibile che chi ha sfidato il caldo di una Capitale a luglio non può addomesticare o schiacciare sotto il peso di altre narrazioni: tra Cesare Cremonini e Roma, come hanno cantato le folle che venivano incanalate verso l'uscita dello stadio Olimpico, c'è stato, c'è e sempre ci sarà «qualcosa di grande». A suggerire il rapporto inossidabile tra il centro nevralgico del Paese e il cantautore bolognese è il paesaggio sonoro in cui, dopo due serate di eterne visioni, ci si può imbattere ancora. Riavvolgere il nastro e trovare la trama di una relazione tessuta negli anni è impresa facile. Gli ingranaggi, quando la popstar è atterrata nella Caput Mundi, erano ben oliati e la scaletta dello show collaudata a mestiere. Ma l'arte, si sa, va dove vuole e per capire cos'è successo nelle ultime due date del tour dei record bisogna avere il coraggio di andare a «vedere perché». Il cantautore, con performance muscolari, sex appeal da vendere e un caleidoscopio di emozioni da dispensare, si è mosso in un labirinto di brani e ha galvanizzato il pubblico. Quando è partita «Alaska Baby», la canzone che dà il titolo all'ultimo album e che proietta nello Stato Usa dei ghiacci e delle aurore boreali, la Capitale si è mossa alla scoperta di terre inesplorate. Lo spettacolo, però, ha iniziato a volare poco dopo con «Il comico», «Ora che non ho più te» e «Lost in the Weekend», pezzi che battono nel petto dei fan e si impigliano nella rete del mercato musicale con disinvoltura. La voce vellutata del protagonista è emersa in maniera limpida quando al centro del palco è spuntato un piano trasparente e lui, l'ex Lunapop, ha bucato la crosta esterna delle anime e servito il sale delle lacrime eseguendo alla perfezione «Un'alba rosa» e «Acrobati». Poi la grande calvacata delle canzoni che irrobustiscono il suo repertorio. «Logico» ha fatto alzare in piedi anche i più reticenti e «Grey Goose» aveva quella punta godereccia che ha spettinato parterre e tribune in pochi secondi. Un omaggio alla sua Bologna non è potuto mancare tra il ritornello martellante di «50 Special» e le campane di «San Luca». «Roma abbracciami», ha detto Cesare e la città, accarezzata da un vento bollente, l'ha sorpreso con una òla. Al suo fianco giganti della musica: se Jovanotti ha portato potenza ed Elisa profezie, a Luca Carboni è spettato il compito di riaccendere la speranza. Capace di mantenere il suo Dna e insieme di sperimentare, Cremonini ha captato gli ardori e i dolori di ogni segmento demografico e ha dimostrato, ancora una volta, che una carriera costruita senza spocchia e con passione può fare la differenza. L'Olimpico l'ha infiammato e no, nessuno potrà dire che è stato un fuoco di paglia.
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La Stampa
