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Chiara Ferragni, la dura requisitoria del pm: "Ha ingannato chi si fidava di lei"
Oggi 25-11-25, 18:06
Chiara Ferragni non merita la concessione delle attenuanti generiche e avrebbe ingannato i suoi 30 milioni di follower che si fidavano di lei. È la sintesi della requisitoria che il procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco, e il pm Cristian Barilli hanno fatto oggi nel processo per truffa aggravata dal mezzo informatico e la minorata difesa. Nel proporre la condanna a 1 anno e 8 mesi la Procura ha chiesto al Tribunale di non concedere all'imprenditrice 38enne le attenuanti generiche equivalenti rispetto all'aggravante, perché lei e il suo ex braccio destro e manager, Fabio Damato, non avrebbero nemmeno utilizzato l'atteggiamento "più prudente", usato invece dai partner commerciali, Balocco e Dolci Preziosi, di fronte alle richieste giunte via mail o social, da parte di vari acquirenti dei pandori e delle uova di Pasqua, di sapere quale "quota" del prezzo di vendita fosse destinato alla filantropia e finalità benefiche. I due marchi non avrebbero risposto a queste domande, mentre dalla documentazione agli atti risulta come fossero le società di Ferragni ad avere l'ultima parola e a suggerire di rispondere facendo riferimento a "progetti" di beneficenza in corso. I pm hanno definito la truffa nata dal caso del 'Pandorogate' come "l'archetipo delle frodi". Quella di cui si sarebbe macchiata l'influencer è stata paragonata a una manipolazione del mercato in cui "l'inganno", prodotto sulla rete, si sposta poi sui bancali della grande distribuzione organizzata vendendo al pubblico dei beni dopo averlo convinto o avergli fatto credere che la beneficenza fosse collegata al numero di acquisti. Al contrario di quanto prevedevano i contratti delle società della 38enne con l'azienda dolciaria di Fossano e con il brand di Cerealitalia. Per la Procura sarebbero proprio questi due luoghi - il web, dove Ferragni godeva di credibilità, e le grandi catene di supermercati a cui le persone si rivolgono quotidianamente per fare la spesa riponendo fiducia - ad aver generato l'aggravante di "aver profittato di circostanze di luogo e persona tali da ostacolare la privata difesa" dei consumatori in quella che quella che la Procura generale della Cassazione definì come "truffa contrattuale dal carattere diffuso" decidendo sulla competenza territoriale dei magistrati di Milano a indagare. Un'aggravante particolarmente severa che la legge punisce con pene più elevate delle altre, fino a 6 anni nei processi con riti ordinari. Nel caso in cui invece il presidente della terza sezione penale, Ilio Mannucci Pacini, non dovesse riconoscere la sussistenza dell'aggravante delle minorata difesa, Ferragni andrebbe prosciolta dal reato di truffa semplice per difetto di querela, tutte rimesse dopo i risarcimenti versati negli scorsi mesi. Ferragni ha preso la parola in aula: "Abbiamo sempre fatto tutto in buona fede, nessuno di noi ci ha lucrato", ha detto rivolgendosi al presidente della terza penale, Ilio Mannucci Pacini. Ha ripercorso quella fase della sua vita parlando di un momento di grande successo personale, citando il ruolo da co-conduttrice al Festival di Sanremo ed elencando i casi di "impegno" per il sociale che l'hanno vista partecipare in prima persona: dalle campagne contro la violenza sulle donne alla raccolta fondi lanciata nel marzo 2020 assieme all'ex marito, Fedez, per sostenere l'ospedale San Raffaele e che ha raccolto oltre 4,5 milioni di euro per la creazione di nuovi posti letti all'interno del reparto di terapia intensiva da destinare all'emergenza Covid in piena pandemia e lockdown. Uscendo dall'aula si è detta "fiduciosa". "Non posso dire altro", ha commentato alla selva di telecamere. "Verrà fuori la sua innocenza", ha aggiunto l'avvocato Marcello Bana che la assiste con il collega Giuseppe Iannaccone.
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