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Dr. Jekyll e Mr. Conte: le giravolte del leader 5Stelle sul Ponte sullo Stretto
Oggi 08-08-25, 07:25
Da "miracolo" a "progetto scellerato", il Ponte sullo Stretto rappresenta l'ennesima giravolta di Giuseppe Conte. Se adesso il presidente dei pentastellati ritiene l'infrastruttura il “male dei mali”, nel 2021, quando era al governo proprio con quella Lega che adesso critica, esortava gli scettici a riflettere rispetto a un possibile grande e moderno investimento. Parlava addirittura di «un'infrastruttura sottomarina» che doveva collegare la Calabria alla Sicilia. Non bisognava, a suo parere, escludere qualsiasi soluzione per collegare una parte d'Italia troppo isolata. Non perdeva occasione per ripeterlo. Basta, d'altronde, rileggere diverse interviste rilasciate al Corsera. La linea doveva essere quella di un governo che doveva distinguersi per un'indiscussa apertura alle grandi opere, quelle che secondo i 5 Stelle avrebbero dovuto cambiare volto a un Paese, rimasto indietro a causa della “vecchia politica”. L'avvocato di Volturara Appula, in un convegno, che oggi spopola sulle bacheche dei social, spiegava come ci fosse bisogno di un qualcosa di straordinario dal punto di vista ingegneristico e capace di essere in sintonia con la natura: «Dovrà essere - spiegava a chi era scettico rispetto a quanto voluto dal suo esecutivo - una struttura eco-sostenibile, leggera e compatibile con i territori». Parole molto simili a quelle pronunciate ieri dai suoi ex alleati con la spilletta di Alberto da Giussano. Il pentastellato, infatti, si dichiarava aperto a ogni ipotesi di progetto purché si superasse un divario incolmabile sui territori. Ecco perché non bisogna meravigliarsi affatto se qualcuno, adesso, considerando le recenti dichiarazioni al veleno, lo ritenga il buon Giuseppi un moderno "smemorato di Collegno". In una sorta di comizio vista mare, commentando l'ultimo annuncio del vicepremier Salvini, dimentica quanto sostenuto meno di un quinquennio fa e, al contrario, getta fango su tutto quanto fino a ieri aveva osannato: «A questo progetto scellerato - urla al megafono - diciamo "no". Dalle controrelazioni documentate, a fior di esperti e professori, che abbiamo acquisito, sono emerse criticità, le stesse del passato insuperate (ovvero quelle relative al periodo in cui era a Palazzo Chigi, ndr)». Conte s'inventa, dunque, ogni genere di problema. Motivo per cui la presa di posizione scatena le critiche dei soliti leoni da tastiera che giustamente gli ricordano il passato e i suoi infiniti ripensamenti. L'ultimo, ad esempio, quello sui dazi. Prima di indossare i panni di Massimo Decimo Meridio e di minacciare una «guerra commerciale» al suo ex modello Trump, esortava i suoi a provare, con ogni mezzo a disposizione, «un negoziato utile a evitare un conflitto che sarebbe pericoloso per tutti». Altra giravolta, poi, quella relativa alla difesa. Se Giuseppi nel salotto di Parenzo, qualche mese fa, sosteneva di non aver mai firmato un impegno per destinare il 2% in armamenti, nel 2018, nella sede dell'Alleanza Atlantica, fu sottoscriveva una dichiarazione in cui veniva evidenziato «l'incrollabile impegno» dell'Italia su tutti gli aspetti del Defence Investment Pledge. Una posizione, poi, confermata nel successivo vertice del 2019, quando il governo pentastellato diede l'ok a una nota congiunta in cui i Capi di Stato si impegnavano a incrementare gli investimenti in missili, carri armati, F-35 e droni vari. Questa, però, non è neanche la piroetta da record. Un vero triplo salto mortale può essere considerato il cambio di posizione sulle alleanze. Il suo Movimento doveva essere quello che mai avrebbe fatto accordi, tessere e sezioni di partito. Qualche mese fa, invece, ha costretto addirittura i suoi a far un'assemblea, lunga diversi giorni, per mandare in soffitta quanto predicato dal mentore Grillo, allo stato cacciato e rinnegato. Predicava di combattere ed evitare qualsiasi spartizione di potere, mentre oggi il suo Movimento è il primo a correre per una Commissione dalla prima Giorgia che capita. La Prima Repubblica da aprire come una scatoletta di tonno è ormai un lontano ricordo. Giuseppi, d'altronde, ha cambiato, nel vero senso della parola, abito, lasciando nel guardaroba la sua amata pochette, per indossare la tuta da operaio. Da democristiano a fautore di una nuova Internazionale Comunista, il simpatico foggiano le provate davvero tutte per tornare in quel di Piazza Colonna. Machiavelli, un po' di tempo fa, diceva «il fine giustifica i mezzi», ma stavolta "l'avvocato del popolo" sembra essere andato addirittura oltre.
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