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Due anni dal 7 ottobre tra striscioni, insulti e minacce agli ebrei
Oggi 06-10-25, 07:51
Come vive, oggi, un ebreo? Dovrebbe essere una domanda anacronistica, che riporta direttamente alla prima metà del 1900. Ecco, allora, che alla vigilia caldissima del 7 ottobre, giorno del pogrom avvenuto per mano di Hamas con la morte di centinaia di civili, non si possono non ricordare i ricorrenti episodi di antisemitismo che oramai hanno cadenza quotidiana. Motivo per cui lo stesso ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha di recente rafforzato le misure di sicurezza verso quelli che possono essere considerati obiettivi sensibili. Nelle piazze, non ultima quella di sabato a Roma, compaiono striscioni con scritto «quest'anno risparmia sugli addobbi di Natale: appendi un sionista. La corda è in omaggio», o «il 7 ottobre è il giorno della Resistenza palestinese», inneggiando, di fatto, a un atto terroristico. E, a proposito di 7 ottobre, i Giovani Palestinesi Italiani (GPI, attivi in quasi tutte le piazze ProPal) hanno deciso di indire una manifestazione a Bologna proprio per quel giorno, alle ore 19.30: «Solidarietà incondizionata al popolo palestinese e alla sua resistenza, lotta al sionismo per una Palestina libera dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo», si legge a corredo del manifesto. E anche qui viene riportata la classica frase «dal fiume al mare» che fa riferimento alla distruzione di Israele e del suo popolo. Sempre ieri, una scritta antisemita è comparsa fuori dal panificio Kosher di via Avicenna 15, nel quartiere Marconi: «Ebrei di m*** bruciate tutti». Uno degli ennesimi episodi di antisemitismo che hanno costretto gli ebrei a sentirsi ghettizzati, ad aver paura, a ricevere minacce per la sola colpa, appunto, di essere ebrei. Il tutto frutto di un clima d'odio che, grazie a una propaganda orchestrata ad arte, ha portato non solo a confondere la bandiera della Palestina con quella di Hamas, ma anche il popolo ebraico con lo Stato di Israele e il suo Governo. Svastiche in giro per Roma: nel quartiere Parioli, in via Teodoro Monticelli e Via Archimede, di recente è comparsa la scritta «Roma non vuole ebrei!!!». Così come Milano, dove c'è chi ha ritenuto opportuno mettere su dei cartelli la frase «Israeli not welcome» (ovvero gli israeliani non sono benvenuti), e dove si sono registrate diverse aggressioni fisiche e verbali ai danni di appartenenti alla comunità ebraica. Il tutto in un'Italia in cui più la caccia all'ebreo sta diventando sempre più frequente, nell'indifferenza di un'opposizione che chiede i diritti per chiunque tranne che per un popolo oggi perseguitato. A questo si aggiunge la richiesta di boicottaggio di qualunque tipo di prodotto israeliano da parte di personaggi come la relatrice speciale Onu Francesca Albanese: «Tutti i prodotti che vengono da Israele vanno boicottati», è uno dei suoi mantra. Ma forse dimentica che dietro ci sono famiglie e lavoratori che con la guerra non hanno nulla a che fare. Fingere di non vedere è un atto di complicità. Una complicità nella mancanza di condanna verso episodi di pura discriminazione che finalmente hanno portato alla luce il doppiopesismo morale di una certa parte politica e culturale. La serenità degli ebrei è meno importante? Così come lo è la loro sicurezza? Evidentemente, per qualcuno, va bene così.
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