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"È un regolamento di conti". Caso Becciu, lo smarrimento dei cardinali
Oggi 30-04-25, 08:21
Caro Direttore, tra i giovani cardinali stranieri arrivati a Roma per il Conclave, più d'uno ha espresso turbamento, parlando sottovoce nelle trattorie di Borgo, con la paura di essere ascoltato. Non tanto per l'imminenza del voto, quanto per il clima che si respira, avvelenato dalle tensioni seguite al caso Becciu. Una vicenda che, oltre a colpire direttamente un porporato, si è rapidamente trasformata in una questione ecclesiale più ampia, finendo per ripercuotersi sull'intero collegio cardinalizio e, in particolare, sui porporati italiani. “Hanno trasformato il Conclave in un regolamento di conti”, ha detto un cardinale proveniente dall'Asia. «Abbiamo perso giorni preziosi a parlare di Roma e dei suoi veleni, invece di concentrarci su ciò che il mondo si aspetta davvero da noi». In questo contesto teso e opaco, il gesto del cardinale Becciu ha assunto un significato simbolico che è andato ben oltre la cronaca. Come Garibaldi a Teano, anche lui ha pronunciato un “obbedisco” che ha fatto rumore. Ha rinunciato a entrare in Conclave, pur avendone titolo, e ha scelto di partecipare alle Congregazioni generali come gli ultraottantenni, mantenendo il rango cardinalizio e una presenza silenziosa ma visibile. A tutti gli effetti, Becciu è stato percepito come un “grande vecchio” della Curia: senza diritto di voto, ma capace comunque di muoversi con discrezione tra i colleghi, facendo pesare i rapporti costruiti in tanti anni. Una condizione che lo accomuna ai veri grandi vecchi ancora presenti in questi giorni: Camillo Ruini, Tarcisio Bertone, Giovanni Battista Re, Giuseppe Versaldi. Prelati abituati per la loro storia personale a vivere i climi di tensione che precedono i grandi snodi della storia ecclesiale. Una cultura di Curia, quella dei senior, che i nuovi cardinali sembrano faticare a comprendere e ad accettare. Il disagio è stato percepito con chiarezza anche da diversi cardinali di fresca nomina. Il brasiliano Leonardo Ulrich Steiner, 74 anni, creato cardinale nel 2022, è noto per il suo lavoro pastorale nell'Amazzonia. Il polacco Grzegorz Ryś, 61 anni, elevato nello stesso concistoro, è un teologo attento al dialogo con la cultura secolare. Entrambi hanno confidato di sentirsi disorientati: Steiner avrebbe parlato “di un ambiente più simile a una serie TV che a un vero discernimento spirituale” mentre Ryś avrebbe definito “assurdo aver speso giorni a discutere di un cardinale che nemmeno voterà”. Con loro anche il congolese Fridolin Ambongo, 65 anni, guida forte della Chiesa africana, e il francese Jean-Marc Aveline, 66, pastore di periferia e intellettuale raffinato, anch'egli nominato nel 2022. Volti di una Chiesa giovane e radicata nei problemi reali, che fatica a orientarsi tra i meccanismi, le omissioni e le logiche della Roma curiale. Per almeno tre giorni, le Congregazioni generali sono state dominate da un solo nome. Non si è parlato delle urgenze strategiche — il rapporto tra Curia e chiese locali, la tenuta finanziaria della Santa Sede, la credibilità diplomatica, le tensioni liturgiche — ma di una vicenda personale divenuta affare ecclesiale e quasi politico. Non si è discusso del processo, ma dell'effetto che ha avuto sull'intero corpo della Chiesa. L'esclusione di Becciu ha agitato le acque ben oltre l'ambito strettamente canonico, perché ha finito per oscurare il senso stesso delle Congregazioni: preparare spiritualmente l'elezione del nuovo Papa, non consumare rese dei conti interne. E il malessere si è allargato ben oltre le periferie. Anche una parte della Chiesa americana, già provata da scandali, polarizzazioni e distanze dalla Curia romana, guarda a questo Conclave con crescente smarrimento. Non tanto per i nomi, quanto per la sensazione che il centro non sia più capace di dettare una linea chiara e credibile. Ora, mentre la Cappella Sistina si prepara a chiudere le sue porte, la Chiesa entra in Conclave portandosi dietro non solo speranze, ma anche ombre pesanti. Non per mancanza di candidati, ma per carenza di chiarezza. Intanto, su Roma cala il silenzio ma resta nell'aria l'eco di un “obbedisco” che pesa più di qualunque parola.
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