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Feltri in difesa di Becciu vittima del "sacro imbroglio". E quella lettera puzza di "pia frode"
Oggi 26-04-25, 14:56
Com'era prevedibile, tra i cardinali si discute della questione Becciu, se cioè possa entrare o no in conclave, e partecipare così all'elezione del Papa. Non ho competenze di diritto canonico o ecclesiastico, né partecipo alla vita della parrocchia, in compenso è una vita intera che mi occupo di giustizia, maturando sul campo una certa esperienza. So distinguere i processi seri da quelli farsa, e le prove dalle manipolazioni. Non ho perciò alcun timore a sostenere, conservando pienamente affetto per il Pontefice che ritengo sia stato ingannato a bella posta, che il cardinale sia stato vittima di un «sacro imbroglio». So anche, da quando frequentavo da ragazzo i preti, che a Papa defunto, durante la sede vacante, tocca al collegio dei cardinali governare, ed essendo piuttosto difficile interrogare il Pontefice morto, possono rendersi conto e correggere errori in lui indotti dall'altrui malafede. Non è offesa a Sua Santità rimediare post mortem a una ingiustizia allorché assecondò inquirenti e giudici che, coperti dal suo mantello, abusarono della sua fiducia. Ho elementi per dirlo. L'ultimo e più clamoroso fatto che lo dimostra è la rivelazione-scoop del quotidiano Domani (mai favorevole a Becciu) di centinaia di messaggi dove due donne, in dichiarata intesa con il Procuratore del Vaticano, aggiustarono i fatti per incastrare il prelato sardo. Ricordo altresì che la decisione della «crocefissione preventiva» (definizione di Alberto Melloni, storico della Chiesa) fu presa da Bergoglio nell'immediatezza dell'ira, alla quale umanamente ha ammesso di essere portato per temperamento, quando si trovò sulla scrivania la copia in anteprima de L'Espresso che incolpava il prefetto Angelo Becciu di aver «rapinato» i poveri per ingrassare i parenti. Il processo, seppur con tutti i suoi limiti, ha dimostrato che nemmeno un euro è stato rubato dal Cardinale. Ora, dopo cinque anni, confermare quel gesto di furore impedendo a un cardinale di entrare in conclave, significa consegnare un innocente (tale è in modo conclamato, e persino per la giustizia vaticana sino all'ultimo grado di giudizio) alla esecrazione perpetua di credenti e non credenti, segnandolo in modo indelebile con il marchio dell'indegnità. Non si tratta di esercitare misericordia e praticare il cristiano perdono, ma di prendere atto della realtà fattuale che, osservata con occhi privi di pregiudizio, impone di riabilitarlo, in linea con quanto di fatto già fatto da Bergoglio. Mi sono chiesto quale consapevolezza del caso abbiano maturato i porporati: anche per loro vale il principio einaudiano del «conoscere per deliberare». Mi sono perciò preso la briga di rileggere le cronache dei vaticanisti e di informarmi, chiarisco: senza parlare con il diretto interessato, su quanto detto e fatto durante le «congregazioni generali», cui partecipano, in preparazione del Conclave, i porporati presieduti dal saggio cardinale Giovanni Battista Re, il quale con i suoi 91 anni è il decano della categoria, ma non potrà, superando appunto gli 80 anni, entrare nella Cappella Sistina per votare. Mi riferisco in particolare agli articoli di Giovanni Maria Vian che, per lunghi anni direttore de L'Osservatore romano e storico abituato a verificare le fonti, la sa lunga di regole canoniche e di conciliaboli purpurei. In una delle prime adunanze, il canonista prediletto dal Papa, il gesuita cardinal Ghirlanda, risulta aver spiegato ai colleghi che Becciu va ammesso al conclave, secondo una tradizione antica che consentiva il voto, attivo e passivo, persino a cardinali scomunicati e condannati. Un principio di precauzione per così dire, onde impedire che un Papa possa determinare il proprio successore escludendo un rivale, impedendo allo Spirito Santo di soffiare su una testa odiata dal «de cuius». Altri prelati, più sul pratico, hanno sostenuto che il processo ha precluso i diritti di difesa. Si badi inoltre che la condanna è giunta al primo grado di giudizio, e per il codice in vigore nel piccolo Stato vaticano, che sotto questo aspetto è più garantista della nostra Costituzione che parla solo di presunzione di «non colpevolezza» (articolo 27), Becciu è, come ho già spiegato, «innocente». Oltretutto il cardinale di recente è stato invitato dal Papa ai concistori (assemblea dei cardinali) anche dopo la sentenza del tribunale, dunque vedendo riconosciuta da Francesco la dignità del grado. Altri dicono che invece va rispettata la volontà del Papa che tolse a Becciu i «diritti cardinalizi» quella sera del 24 settembre 2020, anche se senza sigillo e affermata soltanto con un comunicato della Sala Stampa. Un vecchio cardinale canonista, lo spagnolo Herranz, ha sostenuto che, comunque sia, eleggere il Papa per un cardinale è un dovere, non un diritto. Per cui è una menzogna ritenere Becciu presuntuoso nell'affermare questo suo dovere di votare il successore di Pietro (e di Francesco). Uno può sacrificare un diritto, non un dovere. Finché, racconta Vian sul Domani, ieri il «già segretario di Stato» (è decaduto anche lui) Pietro Parolin ha mostrato un foglio sul quale a marzo (prima cioè che emergessero le trame delle «due dame»!), mentre era all'ospedale Gemelli, in quelle condizioni, il Papa avrebbe confermato, siglandola con la F, la sua volontà di escludere Becciu dal Conclave, rispondendo a un quesito sottopostogli dal medesimo Parolin. Ho avuto da un canonista di primo rango, che preferisce non farsi impalare da qualche cardinale vendicativo, un parere pro veritate. Lo trascrivo: «Il Conclave è disciplinato in modo molto rigoroso dal diritto canonico e da altre fonti normative. Lettere siglate dal Papa (ammesso che siano autentiche) non pubblicate negli Acta Apostolicae Sedis non hanno alcuna idoneità a modificare la normativa vigente. Sono semmai indice di un fenomeno molto grave che i cardinali dovrebbero respingere con fermezza: le norme segrete adottate ad personam, che hanno caratterizzato purtroppo il Pontificato ormai conclusosi. Riconoscere validità normativa alle lettere segrete significherebbe riconoscere la fine della Chiesa e la sua trasformazione in un'autocrazia. Questo utilizzo di lettere tenute segrete e fatte firmare al Papa malato per imporre una deroga al diritto canonico può essere un passo falso fatale per chi le vuol usare a suo pro». La mia idea in merito? Quella lettera puzza di pia frode. Nessun testamento ha il diritto di condannare a morte la reputazione di un uomo. Non si uccide così neanche un cardinale.
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