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La toga anti-Meloni Patarnello detta la linea. Sciopero di giudici e pm
Oggi 19-01-25, 07:41
Le toghe rosse seguono la linea interventista del giudice anti Meloni. E aspirano a fare le leggi, anziché applicarle. È il paradigma della magistratura in lotta contro il governo, "reo" di aver compiuto il primo vero passo su quella riforma della giustizia tanto cara agli elettori ma osteggiata duramente dalle correnti di sinistra. Il sì della Camera alla separazione delle carriere ha dato ufficializzare il via al manifesto di Marco Patarnello, il giudice di Magistratura democratica che, nel caos scatenato dai provvedimenti contro i trattenimenti dei migranti in Albania, aveva inviato una mail ai colleghi dell'Anm nella quale definisce Giorgia Meloni più pericolosa di Silvio Berlusconi, perché non cerca un salvacondotto, non avendo inchieste giudiziarie, ma governa sulla base di una visione politica in grado di indebolire la giurisdizione. In quella mail, Patarnello chiamava alle armi l'Anm e il Csm, affinché mettessero in atto azioni concrete in difesa delle toghe. E oggi, che lo stesso giudice di Md punta allo scranno più alto dell'Associazione nazionale magistrati, dalla riunione del Comitato direttivo centrale passa la linea della lotta dell'aspirante presidente. La protesta più estrema è lo sciopero di giudici e pm, proclamato per il 27 gennaio, quella più plateale, invece, sarà messa in atto nel giorno dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, venerdì prossimo in Cassazione e il giorno dopo nelle Corti d'appello. L'ordine di scuderia è che tutti i magistrati si presentino con indosso la toga, cartelli con slogan anti riforma e Costituzione alla mano, per poi lasciare l'aula quando parlerà il Guardasigilli Carlo Nordio oi suoi delegati. A rilanciare il reiterato allarme per la democrazia il presidente in scadenza dell'Anm, Giuseppe Santalucia, in un monologo politico che mostra l'aspirazione della magistratura a voler strabordare pure nel potere legislativo e fare le leggi, quando nella realtà dovrebbe semplicemente applicarle con terzietà , anziché sentenziare sulla base dell'ideologia politica. «Non amo la parola protesta, preferisco la parola proposta ma, ahimè, qui proposte di emendamento che rendano il testo costituzionalmente digeribile non ce ne sono: è un testo che andrebbe totalmente eliminato», ha detto Santalucia. E ancora: «Non si può blindare un testo costituzionale, è inaccettabile comprimere il confronto su una riforma che segnerà la fisionomia della nostra democrazia». Il capo dell'Anm chiarisce che «non c'è nessuna forma di ribellismo illegale o istituzionalmente incompatibile, ma si tratta di rendere palese ai cittadini le ragioni per cui riteniamo che il disegno costituzionale non vada nel segno di un miglioramento della giustizia e del rafforzamento delle garanzie d'indipendenza e autonomia. Abbiamo il dovere di dirlo, siamo assolutamente fedeli alla Repubblica». Santalucia, sottolineando che si tratta di una «riforma che affossa la giustizia, un pericolo per l'indipendenza e autonomia della magistratura tutta», ha infine precisato che i magistrati hanno «preso atto della blindatura del testo, cosa che ci ha profondamente colpiti. Se ne parla da 30 anni, ma una cosa è parlarne nel dibattito pubblico e mediaticamente, un'altra è parlarne in sede di decisione istituzionale». L'ultima speranza, per le toghe rosse, è il referendum «in modo che i cittadini possano scegliere, nel modo più consapevole possibile e che non siano ingannati con un referendum sul gradimento del servizio giustizia».
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