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L'alleanza con Conte fa tremare Pd e Avs. Temono la fuga di voti
Oggi 02-10-25, 07:37
l «testardamente unitari» di Elly Schlein è il mantra fissato sino al 2027, certo. E però questo campo largo così affannosamente costruito rischia di franare nella zona del Movimento 5 Stelle. I pentastellati si avvicinano al primo dei due appuntamenti per loro più importanti della tornata di queste regionali, quello in cui schierano l'eurodeputato Pasquale Tridico in Calabria. L'altro step cerchiato di rosso è quando si voterà in Campania, con Roberto Fico. Dunque, ora i pentastellati si avvicinano con il fiato corto al giorno del giudizio calabrese, per due motivi. Uno riguarda il contesto specifico. Tridico è un nome forte della fase contiana del Movimento, mente economica che sostenne, da numero uno dell'Inps, il reddito di cittadinanza. Però partiva con una leadership regionale non accoratamente condivisa da tutta la coalizione. È noto, infatti, che in Calabria AVS avesse ambizioni di piazzare il candidato presidente, e i nomi ventilati erano quelli di Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, odi Flavio Stasi, primo cittadino di Corigliano Rossano. Poco prima di ferragosto uscì un audio di una chat interna al partito, in cui si ventilava addirittura una corsa solitaria. Prima di trovare l'accordo, era stato addirittura il Movimento 5 Stelle a non escludere di andare per conto proprio. Queste dinamiche testimoniano quanto la sintesi sia stata difficoltosa. A questo si aggiungano alcune gaffes «geografiche» di Tridico durante gli appuntamenti di campagna elettorale, e si capisce come un candidato, che già all'ingresso aveva suscitato non troppi entusiasmi al di fuori del proprio partito in coalizione, abbia poche chance con un amministratore radicato sul territorio come il presidente uscente Roberto Occhiuto. Questo passaggio si lega a quello appena concluso, le regionali delle Marche. Premesso che il voto ha sempre dinamiche territoriali, non si può ignorare il trend in discesa del Movimento 5 Stelle. Perdono 2 punti rispetto alle regionali del 2020, 4,3 sulle europee del 2024, e addirittura 8,5 di fronte alle politiche 2022. Giuseppe Conte ha reagito con una dichiarazione molto composta: «Dobbiamo prendere atto che questa proposta non ha convinto la maggioranza dei votanti, come pure dobbiamo prendere atto che è calata sensibilmente l'affluenza. Il punto non è secondario. La partecipazione al voto è scesa di 9,7 punti rispetto a cinque anni prima. E si ricavano alcuni dati: non solo il Movimento 5 Stelle non ha intercettato quegli elettori che, dopo aver scelto la volta scorsa altri partiti, oggi hanno preferito andare direttamente all'agriturismo senza passare per le urne. Ma secondo l'analisi dei flussi di Opinio Italia per la Rai, il 13% di quanti, cinque anni prima, avevano scelto il candidato pentastellato, che non correva in coalizione, oggi hanno preferito andare su Acquaroli. Insomma, aggregarsi al campo largo per il Movimento cancella definitamente quell'auto investitura a essere «post ideologici», che aveva segnato la fase di leadership precedente. Nelle Marche, peraltro, un gruppo di ex eletti sul territorio e di militanti aveva preso carta e penna e scritto a Conte, per sottolineare il disappunto nell'appoggio all'eurodeputato dem Matteo Ricci. Una radiografia di quel che è accaduto anche in altre regioni: il popolo pentastellato digerisce male candidati alla presidenza di altre forze politiche.
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Il Tempo
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