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“Stasi non vuole giustizia per nostra figlia”. I genitori di Chiara Poggi al contrattacco
Oggi 01-07-25, 12:37
Quando ti muore una figlia il passato ti perseguita. Diciott'anni dopo, i genitori di Chiara Poggi - la ragazza uccisa nella sua casa a Garlasco il 13 agosto 2007 - sono ripiombati nell'incubo a seguito della riapertura dell'indagine da parte della Procura di Pavia. "Da marzo siamo stati catapultati in una situazione perfino peggiore di quella di 18 anni fa": sono le parole di una mamma vicina allo sfinimento emotivo. Rita Preda e Giuseppe Poggi si sono confessati a Selvaggia Lucarelli, in un'intervista uscita su Il Fatto Quotidiano. E nel farlo hanno puntato il dito contro l'ipocrisia dell'unico condannato fino a questo momento per l'omicidio della loro primogenita, il fidanzato dell'epoca Alberto Stasi. E se dopo tutto il caos scatenato non succedesse nulla in termini processuali? Mamma Rita non le manda a dire: "Stasi dice che vuole giustizia per Chiara, non solo per sè. Ma sarebbe meglio che non la nominasse per niente, visto che già lo fa poco. Non lo dica perché non è vero". Il papà Giuseppe, invece, non ci sta a tutto quello che circola in giro, specie sui mezzi d'informazione. E ci tiene a mettere i puntini sulle 'i': "Sento dire 'povera mamma di Stasi con suo figlio in carcere da innocente'. La mamma in questi 10 anni ha potuto parlare con suo figlio e a breve lo potrà abbracciare fuori dal carcere, i Poggi portano i fiori al cimitero. Avrei preferito che mia figlia finisse in carcere". E a quelli che diffondono illazioni sulla mancata volontà di vedere Stasi innocente per paura della restituzione del risarcimento, replica: "Non abbiamo neanche chiesto tutto il risarcimento ma molto meno, noi non volevamo rovinare i signori Stasi. A oggi abbiamo avuto circa la metà della cifra con cui abbiamo pagato avvocati e altro. E se dovremo restituire tutto lo faremo". E, aggiunge Rita, "il resto è rateizzato, non lo vedremo mai da vivi, ma non ci importa". I sassolini dentro la scarpa non finiscono qui. C'è chi ha sostenuto che Rita e Giuseppe abbiano coperto, fornendo un falso alibi, il figlio più piccolo, Marco, dall'accusa di complicità nell'omicidio di Chiara. "Abbiamo dovuto consegnare alla tv delle foto che attestano come io e Marco quel giorno eravamo insieme in montagna con amici. Ma non convincono neppure quelle. Anche se nel computer hanno data e ora, dicono che sono fotomontaggi". Il papà di Chiara si sfoga anche parlando dell'avvocato del nuovo indagato Andrea Sempio e dell'ex maresciallo Marchetto, che subì processi per favoreggiamento a Stasi e falsa testimonianza e che ora accusa i nuovi inquirenti di fare male le indagini: "Noi in tv ci andiamo per difenderci dalle bugie che vengono dette. Per quando riguarda l'avvocato di Sempio - Massimo Lovati, ndr - la sua strategia non mi piace. Il sogno, il sicario... Ho l'impressione che lui creda che se dice che Stasi è innocente, lascino in pace anche Sempio. La difesa di Stasi così non si accanisce contro Sempio. E poi di contro accusa Stasi di aver detto un sacco di bugie...". E poi "Marchetto deve darci ancora dei soldi, ma lasciamo stare. Punta sulle gemelle (le cugine di Chiara, ndr), dice sempre che bisogna indagare a 360 gradi… Per ora mi sembra che la procura indaghi a 180°. Sono andati a prendere Marco, sono andati a perquisire gli amici di mio figlio… Forse potrebbero sentire gli amici di Stasi". Le piste alternative? "Tutto per creare confusione, dicono che la Procura abbia qualcosa, magari che non sappiamo. Ma per noi la verità è quella stabilita dalla legge e sappiamo come si è arrivati alla condanna": è questa la versione dei genitori di Chiara. Che poi tornano, appunto, sul condannato: "Andavamo a trovarla al cimitero insieme, prima che fosse arrestato. Non diceva mai 'non l'ho uccisa', era strano". Eppure "non l'abbiamo mai chiamato assassino". Rita ammette: "Adesso quando gli hanno concesso la semilibertà non è che sono stata contenta. Ha preso 16 anni, dopo 8 ha ottenuto i primi benefici e ora ha la semilibertà". Entrambi hanno un solo augurio per loro stessi: sperare "che tutto finisca presto".
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