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L'esito della perizia su Alessia Pifferi: “Capace di intendere e volere". La stangata sul caso
Ieri 26-08-25, 22:33
Alessia Pifferi era pienamente capace di intendere e di volere quando uccise la figlia Diana di 18 mesi, morta di stenti il 14 luglio 2022, dopo essere stata abbandonata in casa per una settimana. Sono le conclusioni della nuova perizia psichiatrica disposta dalla Corte d'assise d'appello di Milano depositata lunedì nel processo di secondo grado per omicidio volontario aggravato a carico della donna. I giudici popolari, guidati dalla presidente Ivana Caputo e la giudice a latere Franca Anelli, hanno conferito a febbraio l'incarico allo psichiatra bresciano, Giacomo Francesco Filippini, alla professoressa di neuropsicologia e scienze cognitive dell'Università Bicocca, Nadia Bolognini, e allo specialista in neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, Stefano Benzoni. Al collegio di esperti è stato chiesto di accertare se la donna che domenica ha compiuto 40 anni sia "affetta da patologie psichiatriche" e "alterazioni clinicamente significative della sfera cognitiva" tali da avere "interferito sulla capacità di intendere e di volere escludendola del tutto o scemandola gravemente" al momento dei fatti e nelle due occasioni precedenti in cui la bimba è stata lasciata sola in casa, sopravvivendo, dal 2 al 4 luglio e dall'8 all'11 luglio del 2022. Pifferi è affetta da "deficit cognitivi" della "memoria a breve termine" ma è "in grado di riconoscere le emozioni" sia "di base" che "complesse" e di capire "i rapporti di causa-effetto fra eventi" la risposta. Dai colloqui e test condotti in carcere a Vigevano dal 26 marzo scorso è emerso come sia capace di risolvere "problemi concreti pratici" grazie alle "conoscenze acquisite con l'esperienza" senza "problematicità". La "diagnosi" degli esperti è di "disturbo del neurosviluppo con residua fragilità cognitiva settoriale ed immaturità affettiva". Le è stato confermato il deficit della memoria che da minorenne le era stato "certificato" dalla neuropsichiatria infantile e "un'intelligenza logico-deduttiva scarsa nei ragionamento astratti" ma per i periti i disturbi non sarebbero di gravità tale da "interferire sulla capacità di intendere e di volere", né "escludendole del tutto" o "scemandole" per "il lasso di tempo" in cui si è consumata la morte nella casa di Ponte Lambro. La donna ha raccontato di provare una sorta di "fobia" per l'ambiente dell'ospedale che secondo lei è "claustrofico" (anziché claustrofobico, ndr), si legge nelle 32 pagine, ma allo stesso tempo si annota come possieda un "vocabolario ricco" e "competenze espressive particolarmente accurate" specie in ambito "sanitario". Padronanza che viene sottolineata con riferimento al fatto che la bimba, ricoverata dopo la nascita prematura in casa al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sia rimasta per un anno e mezzo senza tessera sanitaria. Sul momento dell'omicidio ha detto di aver avuto la mente "disconnessa". Episodio che però non viene letto come "dissociativo". Pifferi è descritta come "lucida e orientata" nel tempo e nello spazio durante i colloqui a cui si è presentata sempre "curata nell'aspetto" e "disponibile" a interloquire. Ha raccontato di avere un "entourage familiare e amicale presente" anche se ha "recriminato" contro madre, sorella e chi la "critica" per non aver tenuto un "atteggiamento adeguato" alla "delicatezza della vicenda". La perizia, che conferma e rafforza quella di primo grado condotta dallo psichiatra torinese Elvezio Pirfo, sarà discussa in aula dal 24 settembre con la sostituta pg di Milano, Lucilla Tontodonati, che per la pubblica accusa ha nominato come consulenti le dottoresse Patrizia De Losa e Valentina Crespi, la difesa dell'imputata con l'avvocata Alessia Pontenani e per la parte civile (madre e sorella di Pifferi) il legale Emanuele De Mitri che parla di "soddisfazione" per gli esiti dei test. E' "una persona totalmente consapevole delle proprie azioni, non affetta da alcun disturbo, ma soltanto presuntuosa e arrogante nel comportamento di tutti i giorni" aggiunge sottolineando come dalla perizia si "evince che non c'è stato alcun comportamento o evento in età infantile, da minorenne, che abbia potuto incidere sul suo comportamento futuro", come era stato ipotizzato dalla donna a processo, parlando di presunti abusi subiti da bambina. I risultati potrebbero impattare sul 'caso Pifferi bis' che vede imputati di falso e favoreggiamento personale la legale di Pifferi, il suo consulente di parte, Marco Garbarini, e alcune psicologhe del carcere San Vittore. Sono tutti accusati in concorso di aver manipolato documenti e un "test di Wais" per far risultare un quoziente intellettivo di 40, come quello di una bambina di 6 anni, per evitarle una condanna all'ergastolo. La richiesta di rinvio a giudizio del pm Francesco De Tommasi pende davanti al gup Roberto Crepaldi. L'udienza è fissata per l'11 settembre e sono previsti gli interrogatori degli imputati.
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