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L'ultimo giallo sulla moschea. Per gli islamici è una casa di cura
Oggi 17-07-25, 08:16
Si infittisce il caso della moschea di Centocelle, la seconda più grande della Capitale che verrà costruita a Roma a piazza delle Camelie. Secondo quanto previsto dalla legge, ogni tipo di immobile, a seconda dell'attività che viene svolta all'interno, deve avere una destinazione d'uso precisa per far sì che il Comune possa valutare la compatibilità con il territorio e con la vita dei cittadini. Ebbene, sembra che l'immobile di proprietà dell'Associazione Culturale Islamica in Italia, che fa riferimento all'imam Ben Mohamed Mohamed, non abbia come destinazione d'uso quella corretta per una moschea: risulterebbe, infatti, citata come D/4 (che indica case di cura e ospedali), con il codice 1203 che corrisponde a «Strutture per l'assistenza sociale residenziale», come evidenziato dal sito dell'Agenzia delle Entrate. Ma le categorie Catastali per i luoghi di culto sono E/7 o al massimo, in contesti più ampi, B/1 o B/7. Quindi, come può sorgere una moschea in un contesto che nulla ha a che vedere con la preghiera? Cosa c'entra il settore sanitario con quello religioso? Difficile anche pensare che abbiano deciso di cambiare progetto perché, soprattutto nel piano seminterrato, sarebbero già stati adibiti i bagni e le strutture necessarie al lavaggio dei piedi, un prerequisito fondamentale per la preghiera, e i primi tappeti che vengono utilizzati nell'esercizio delle pratiche religiose. A chiedere che vengano intraprese misure importanti sono Federico Rocca, consigliere comunale di FdI e Fabio Piattoni, consigliere del quinto municipio, quello di Centocelle, in una nota congiunta indirizzata alla polizia locale e alla direzione tecnica del Municipio V. Tra le anomalie si evidenzia come «ad oggi, dal primo verbale di ispezione del 19 giugno 2025, le impalcature risulterebbero ancora occupare il suolo pubblico, nonostante la violazione dell'articolo 20 del codice della strada per cui sono stati sanzionati, non essendoci l'autorizzazione comunale per erigere il cantiere. Ma, oltre a questa violazione, non comprendiamo come l'accatastamento sia compatibile con il luogo di culto che stanno costruendo. Si chiede, pertanto, agli uffici di mettere in atto un'azione urgente e congiunta di Ispezione edilizia che chiarisca tutti gli interrogativi sollevati e per valutare tutte le trasformazioni realmente effettuate dentro e fuori l'edificio (se strutturali o meno) e se compatibili con la disciplina edilizia e con le norme tecniche di attuazione vigenti del Piano Regolatore di Roma Capitale». Ma non finisce qui, perché Rocca, dopo aver presentato un'interrogazione, ha anche deciso di convocare la commissione capitolina Trasparenza: «Dopo tutti gli elementi emersi sulle pagine del Tempo, è ora di vederci chiaro e convocherò come Presidente una commissione trasparenza con tutti gli uffici interessati. Questo affinché si faccia chiarezza sull'intera vicenda: troppe cose non tornano e chiedo sin da ora all'amministrazione Capitolina di predisporre tutti i dovuti controlli dando seguito alle nostre interrogazioni. Vista la serietà della vicenda il sindaco di Roma Gualtieri non può rimanere mero spettatore, ma si attivi anche lui per garantire il rispetto delle regole e vigili su anomalie relative al tipo di attività che dovrebbero nascere in quel luogo». Anche Piattoni sottolinea come «qui non si tratta di scontro tra culture, ma di rispetto delle regole. Vi immaginate che impatto avrebbe sul territorio il flusso di migliaia di fedeli? In termini urbanistici, un conto era lo showroom dell'ex mobilificio Gaggioli, un conto un luogo di culto di questa portata. Chiediamo trasparenza e verifiche su tutti i permessi edilizi. I cittadini romani meritano rispetto».
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