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"Mai con questo campo largo". La promessa di Carlo Calenda
Oggi 17-06-25, 10:11
Ieri Carlo Calenda, leader di Azione, con un post ha chiarito «il campo largo ha un perimetro - Avs, Pd e M5s e un'agenda: green deal, linea Landini sul lavoro, no al riarmo, no al sostegno all'Ucraina”. Come per dire non è casa nostra. Segretario è un addio definitivo al campo largo? ]«Ho detto e ridetto che l'alleanza che mette insieme Elly Schlein con Giuseppe Conte ed Alleanza Verdi e Sinistra per noi è infrequentabile. Ci dividono da loro un sacco di cose, ricordo solo i due aspetti principali: i valori occidentali, che per noi sono imprescindibili, e l'idea dello sviluppo». Ieri ha proposto un accordo in venti punti riservato all'area liberale. A chi pensa? «Intanto sono convinto che si cambierà la legge elettorale perchè è reale il rischio che con quella attuale non vinca nessuno. Si discute di un nuovo sistema proporzionale con un premio di maggioranza, ci sarà comunque lo spazio per tentare un'operazione come fu il terzo polo. I miei interlocutori sono le tantissime esperienze e sigle del frastagliato arcipelago liberale. Certamente Drin-drin, come il Partito Libdem di Luigi Marattin ed Andrea Marcucci. Tutti coloro che sentono questo bipolarismo inadeguato». Si dimentica i riformisti dem, ambiti un po' da tutti. «Sarebbero accolti con tutti gli onori, ma non credo che lasceranno il Pd». Nel 2027 non teme una maggiore polarizzazione del voto rispetto alle elezioni del 2022? «Certo che la temo e me ne assumo il rischio. Faccio politica per riuscire a cambiare qualcosa, altrimenti sarei tornato a fare il manager, guadagnavo anche di più. Gli italiani in dieci anni hanno votato un sacco di incompetenti, alla fine anche per gli elettori poi sarebbe difficile lamentarsi se non riescono a fare una Tac». Il Pd sostiene che non importano le divisioni con il M5S ad esempio sulla politica internazionale? «E certo, però non è un caso che quando la sinistra vince le elezioni, poi le alleanze con dentro tutti scoppiano una volta arrivate al governo. Quello che Azione ha sempre voluto evitare. Non si può essere aprioristicamente contro tutto quello che fa Giorgia Meloni, ci sono cose buone e cose meno. Lo stesso discorso vale per chi pensa che alla Presidente del Consiglio riesca tutto bene. I due poli sono poco credibili. Con una sola differenza». Quale? «La Premier può dormire su due guanciali, finché la sinistra massimalista andrà allo scontro, come è successo per i referendum. O anche quando si sdraiano per terra e organizzano sit in in Senato per filmarsi con i telefonini. Vuole un altro esempio?». Dica... «Riccardo Magi vestito da fantasma in Aula durante le comunicazioni della Meloni. Oppure i cartelli che ha esibito durante il Roma Pride. In pratica la maggioranza di governo, con queste minoranze, non teme proprio nulla». Quanto al suo ex partner Matteo Renzi? «Andrà a fare il cespuglio nel campo largo. Ovvero in una coalizione che al 95% la pensa in modo totalmente diverso dagli elettori centristi. La posizione di Italia Viva mi ricorda quella degli indipendenti di sinistra all'epoca del Pci. Irrilevante». Lontano dal campo largo quindi, ma alle regionali d'autunno? «Le nostre sedi territoriali avranno piena autonomia, con la solita avvertenza che faccio da anni. Ovvero Azione non potrà sostenere populisti da una parte e dall'altra». E in Campania? «Il mio orientamento è presto definito: se alla fine il candidato delle sinistre sarà, come credo, l'ex Presidente della Camera Roberto Fico, noi staremo distanti e distinti. Potenzialmente tutti possono avere più carte in regola, rispetto al candidato del M5S». Anche Vincenzo De Luca? «Senza ombra di dubbio». Calenda, nell'attuale clima politico cosa la scoccia di più? «Lo sterile e continuo conflitto destra sinistra, che non porta mai a niente. E basta guardare ai problemi del Paese per capire che si deve uscire da questo recinto. L'Italia subisce un lento impoverimento, ci stiamo trasformando in un territorio che offre solo ristoranti ed hotel. Continuiamo a perdere progressivamente punti nella produzione industriale: dico io ma ci vogliamo mettere a fare qualcosa seriamente? La vuole la verità? A destra come a sinistra, c'è un gigantesco problema di classe dirigente».
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