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Referendum flop, rivolta contro Schlein: "Ora cambiare". Ma lei nega la sconfitta
Ieri 10-06-25, 07:11
Stavolta è lei che non «li ha visti arrivare». Nel senso che l'affluenza alla tornata referendaria è stata un mezzo disastro. Una debacle “fai da te”, costruita e perseguita fino all'ultimo secondo da un'improvvida guidatrice: Elly Schlein. La segretaria del Pd ha cavalcato i referendum sul lavoro di Maurizio Landini per organizzare una sorta di congresso interno. E stabilire un diritto di proprietà acquisito: «Guai a chi interferisce». Finisce in un altro modo, un po' come in un videogioco di ultima generazione. Nell'ultima schermata compaiono i protagonisti del passato e stringono d'assedio l'eroina del presente. Per farla sprofondare. Quello che è successo a casa sua, appena si sono chiuse le urne. La prima a scatenarsi è l'eurodeputata Elisabetta Gualmini, ordinaria di Scienze Politiche all'Ateneo di Bologna, una che difficilmente perde le staffe. Eppure la sua reazione a caldo è di quelle che non si dimenticano. «Aver mobilitato tutto il partito, tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva correggere gli errori del vecchio Pd si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stesso», comincia l'eurodeputata. Con stilettata niente male: «Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada cosi». Ed un finale che preannuncia un prossimo duello: «Auguriamoci almeno una discussione franca magari anche con quelli del vecchio Pd». Ovvero proprio quelli che Elly Schlein ha lasciato in disparte. Infierisce un altro eurodeputato, Giorgio Gori: «Il Pd si è infilato in una battaglia ideologica». Un analisi della sconfitta in cui si lancia la deputata Lia Quartapelle: «non basta regolare i conti con il passato». Poi è la volta dell'anti Schlein per eccellenza, la vicepresidente del Parlamento Europeo, in pratica la più tenace esponente della minoranza, Pina Picierno. Ed è un altro colpo pesantissimo: «Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre». L'eurodeputata non si ferma: «Fuori dalla nostra bolla c'è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri». Un'avvertenza inutile, perché poco dopo, davanti a Montecitorio, arriva il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, vera e propria spalla della segretaria in sneaker, insomma la vittima sacrificale del flop referendario. Meno baldanzoso del solito, il capogruppo prova ad infilarsi in una via di uscita: «sapevamo sarebbe stato difficilissimo, ma per noi è un ottimo risultato». A metà pomeriggio, si materializza una nota dall'extraterrestre, la segretaria che vede un altro risultato: «Hanno votato più italiani di quanti scelsero Meloni nel 2022. E poi abbiamo vinto a Taranto». Insomma la negazione della realtà, incontri ravvicinati del terzo tipo, «Con la premier ci vedremo alle politiche». A poche centinaia di metri da largo del Nazareno, esattamente in via di Campo Marzio, i dirigenti del M5S si danno di gomito, «abbiamo evitato lo sfracello». Giuseppe Conte ha fatto di tutto per non apparire in prima fila, solo comparsate ufficiali, sempre un passo indietro. Una strategia studiata a tavolino per offrire gentilmente il "patibolo" ad Elly Schlein e a Maurizio Landini. Così ieri ha commentato quasi da "politologo": «Credo che lo strumento del referendum vada rivisto nelle modalità e nei paletti, abbassando il quorum in un Paese che affoga nell'astensione: bisogna premiare la partecipazione». L'ex Presidente del Consiglio ha un obiettivo di mezzo periodo: sfiancare la concorrente dem, e poi sfidarla in primarie di coalizione, un po' come dire: sono il più esperto, con me non rischiate altri capitomboli. Insomma per Elly «quel pomeriggio di un giorno da cani».
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