s
Toghe rosse all'arrembaggio: "Compatti sul No". Ma tra i giudici c'è il gelo
Oggi 01-11-25, 08:16
La campagna elettorale referendaria rulla sulla pista di decollo e c'è l'aspetto simmetrico al confronto politico, cioè il posizionamento dei magistrati. L'impegno di chi indossa una toga o chi l'ha indossata in passato, al netto di quanti, già appartenenti alla categoria, sono in servizio attuale nelle istituzioni (dal Ministro Carlo Nordio al Senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Scarpinato). Dunque, le toghe (o gli ex) sono in partita. E non è, come vedremo, uno schieramento univoco, a testimonianza del fatto che la riforma non è riducibile a un derby ed è, anzi, molto trasversale. Sull'Anm, nessuna sorpresa. L'associazione guidata da Cesare Parodi ha sempre accompagnato il cammino parlamentare della riforma esprimendo il suo dissenso. E si pone come una sorta di contraltare al governo nel cammino referendario, dato che c'è l'ipotesi persino di un duello televisivo, per cui si è candidata Sky Tg24, tra un suo esponente e il suo Guardasigilli. Ieri l'associazione ha presentato il suo «Comitato per il no», presidente esecutivo è Antonio Diella, presidente della prima sezione penale del Tribunale di Foggia. Quel comitato, ha detto, «non rappresenta né una casta né una corporazione». La regola fissata è che il comitato è sì aperto, nel senso possono partecipare tutti i cittadini di qualsiasi mestiere, tranne i politici. E per dare un senso di "laicità" nella composizione c'è la presidenza onoraria al costituzionalista Enrico Grosso. Piccola nota di contorno: sull'opportunità di un comitato per il «no» espressione diretta dell'ANM, alcuni giorni fa aveva espresso qualche dubbio il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto: «La legge 28 del 2000 e le delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni -aveva spiegatostabiliscono chiaramente che i comitati referendari sono soggetti politici a tutti gli effetti». Ciò «significa che chi apre e organizza un comitato referendario compie, a tutti gli effetti, un gesto politico». Poi ci sono i magistrati saliti agli onori delle cronache per grandi inchieste, e per un certo protagonismo mediatico, che si sono già schierati. E già lavorano di interviste dai toni generalmente apocalittici. Uno è sicuramente il Procuratore di Napoli Nicola Gratteri, anche lui strenuo oppositore della riforma. Soltanto ieri ha rilasciato due interviste in un giorno, una al Fatto Quotidiano e l'altra a La Notizia. Una delle tesi è che «con questa riforma costituzionale si pone la premessa per sottoporre il pubblico ministero al controllo politico del governo di turno». Assunto alquanto difficile da dimostrare visto che nessuno tocca l'articolo 104 della Costituzione, quello che sancisce autonomia e indipendenza della magistratura. Andando alla piccola antologia solo nel day after dell'iter parlamentare, ieri su Repubblica campeggiavano due interviste affiancate, ovviamente entrambe con il pollice verso. Una rilasciata dal Procuratore di Prato Luca Tescaroli. L'altra da Margherita Cassano, già prima presidente della Corte di Cassazione. Esiste poi l'altra metà del cielo togato. E cioè quanti invece approvano la riforma. Tra costoro c'è Antonio Di Pietro, che fu volto e simbolo del pool Mani Pulite. «Mi spenderò anche in campagna referendaria per cercare di far vincere il sì», aveva detto in un'intervista ad affaritaliani.it. Di Pietro fa parte del comitato per il Sì. Insieme a lui anche Piero Tony, in magistratura fino al 2015, fu tra le altre cose giudice istruttore a Milano dove si occupò del processo sulle BR di Curcio. E Luigi Bobbio, giudice al Tribunale di Nocera Inferiore.
CONTINUA A LEGGERE
1
0
0
Guarda anche
Il Manifesto
Le toghe battezzano il comitato referendario
Libero Quotidiano
Giustizia, l'ultimo duello in Senato
Il Tempo
12:00
