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Tor Vergata, lite in sala operatoria. Il prof. Sica: "Se il paziente è a rischio reagisco"
Oggi 22-06-25, 16:48
Sala operatoria da incubo al Policlinico Tor Vergata: grida e insulti fra due chirurghi nel corso di un intervento a un paziente disteso sul tavolo. Fino all'arrivo di un presumibile schiaffo, che sarebbe stato assestato da un professore a una collega assistente. Mandata via dalla sala con un ordine perentorio: “Non ti voglio più vedere qui”. Questa la scena avvenuta, confermata anche dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che ha annunciato sanzioni nei confronti del presunto aggressore: “Questo chirurgo che ha pronunciato certe frasi e picchiato la sua assistente non deve più entrare in sala operatoria né entrare in contatto con gli studenti. Abbiamo convocato la commissione disciplinare per la prossima settimana. Spero che faccia altrettanto l'Ordine dei medici”. Il presidente dell'Omceo di Roma e provincia, Antonio Magi, assicura che “l'Ordine farà quanto previsto: sentirà l'ospedale ed eventualmente i protagonisti”. E la direzione aziendale del policlinico di Tor Vergata, dopo la segnalazione del caso, che risalirebbe al 6 giugno scorso, ha avviato un'indagine interna: la conclusione della fase istruttoria è attesa proprio per lunedì 23. Anche perché c'è l'audio di un video, registrato di nascosto probabilmente con un telefonino, dove si scorgono le scarpe di due persone. E, che se non si vede la sala operatoria, però si sente chiaramente tutto lo scontro: “Hai capito come funziona questo c... di intervento? Imbecille. Se tu non mi parli come c... lo capisco? E così difficile per te capire una cosa del genere? Ti ho chiesto quattro volte dove sta la pinza 4. Devi parlare. Imbecille. Vergognati", grida un chirurgo. “Si vergogni lei invece”, ribatte una voce femminile. Una reazione che finisce di scatenare l'ira del chirurgo: “Togliti dal c... Te ne devi andare e non ti voglio mai più vedere in sala operatoria”. Poi si sente un rumore, come di un colpo, o uno scontro, che sembrerebbe di uno schiaffo assestato. Nella conclusione del video si sente solo la donna che dice "va bene" ed esce dalla sala operatoria. Col chirurgo che richiede agli altri assistenti presenti “la pinza”. Dopo l'uscita della notizia sul Fatto Quotidiano, il professor Giuseppe Sica, docente ordinario di chirurgia a Tor Vergata, ha inviato una nota, fornendo la sua versione: “Mi trovo a intervenire pubblicamente perché sento il dovere di raccontare cosa accade davvero quando si entra in sala operatoria per affrontare un caso clinico complesso, come quello su cui stavo operando di recente. Un intervento lungo, delicato, che richiedeva altissima concentrazione e prontezza di riflessi”, ha scritto il docente. “Come chirurgo capoéquipe, operavo attraverso una consolle robotica, strumento all'avanguardia che consente precisione millimetrica. Al tavolo operatorio, come avviene in tutte le strutture moderne, erano presenti colleghi assistenti, professionisti, donne o uomini non fa differenza, il cui compito è agire in piena sinergia con chi guida l'intervento - ha aggiunto il professor Sica - E se percepisco un rischio concreto per il paziente, è mio dovere reagire. Sì, anche con fermezza. Sì, anche con durezza. Il nostro ordinamento giuridico chiama questo comportamento "stato di necessità" ed è un'esimente assoluta. In quei momenti, si fa ciò che serve per salvare una vita. Punto". "Tuttavia, riconosco che i toni usati nei confronti di una collega assistente durante quell'intervento, protrattosi per oltre 5 ore, sono stati eccessivi e dettati da uno stato di forte tensione e stress emotivo. Per questo, desidero esprimere pubblicamente le mie scuse sincere e personali alla collega coinvolta. Non era mia intenzione mancare di rispetto, ma reagire a una situazione che in quel momento ho percepito come potenzialmente critica per il buon esito dell'intervento. Tengo inoltre a precisare che mi sono già scusato personalmente con la collega e con lei ho avuto un chiarimento franco e sereno. Il rispetto umano e professionale tra colleghi è per me un valore imprescindibile. Se fossi io su quel tavolo, vorrei che il chirurgo che mi opera facesse tutto il possibile per tenermi in vita. Anche urlando, se necessario. Non vorrei qualcuno che tace per paura della gogna mediatica o del politicamente corretto. Il mio mestiere non è spettacolo. È scienza, tecnica, istinto, sangue freddo. E, soprattutto, è responsabilità. Ed è proprio per senso di responsabilità che oggi prendo la parola”.
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