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VascElly alla deriva tra Flotilla e voto: Schlein rischia il timone del Pd
Ieri 28-09-25, 07:45
E alla fine intervenne Elly. A cose fatte, almeno dodici ore dopo Giuseppe Conte. La stessa cautela usata venerdì dal leader M5S, non una parola in più: «Non siamo noi a decidere perché non siamo noi gli organizzatori. Quello che possiamo fare è invitare a proseguire il dialogo che è partito tra la Flotilla e il patriarcato latino». Un altro modo per dire non sappiamo che pesci prendere. Un disagio che la segretaria vive sulla sua pelle: da una parte ci sono il rapporto con un suo concittadino influente (il Presidente della Cei Matteo Zuppi) e l'obbligo di rispettare il protocollo con il Quirinale. Dall'altra la tentazione di assecondare il "dilettantismo" che ha animato la missione per Gaza, e di sfruttarla elettoralmente, «i nostri eroi». Tanto più che a bordo delle imbarcazioni l'inquilina del Nazareno ha mandato due fedelissimi: Arturo Scotto e Annalisa Corrado, sentinelle che appaiono in balia delle onde. In 48 ore il mare in cui naviga la Flotilla è diventato tempestoso, è arrivata la burrasca. Il primo avviso era partito da Giorgia Meloni, la nota triangolazione con la Chiesa, poi il ministro della Difesa Guido Crosetto, nella sua informativa in Parlamento, era stato chiaro: «Non possiamo scortare le barche fino a Gaza, accogliete la proposta della Conferenza Episcopale». L'appello del Capo dello Stato è stato il sigillo finale, da qui sono partite le grane di Elly Schlein. È in queste situazioni che la segretaria dem cambia pelle, da loquacissima leader di una sorta di «assemblea studentesca» (citazione di Claudio Martelli) a vero e proprio fantasma. Una mutazione già manifestata molte altre volte in passato: quando il gioco si fa duro, Elly scompare, non vede, non sente e soprattutto non parla. Come è successo due giorni fa, il Quirinale diffonde la lettera agli attivisti, l'avvocato di Volturara Appula sbuca da ogni lancio di agenzia, e lei decide dopo qualche ora, di mandare in avanscoperta il suo responsabile Esteri, Giuseppe Provenzano. Senza dire sì o no, 48 ore praticamente per allargare le braccia, «Vediamo». Non esattamente la stoffa di una leader. La segretaria poi venerdì era a Londra, al Global Progress action Summit 2025, in compagnia del suo "mito", lo spagnolo Pedro Sanchez, oltre ad altri premier socialisti, la situazione ideale per consultarsi e poi commentare. Ed invece ha prevalso l'attendismo, «aspettiamo che dichiarino gli altri». Se lei cerca di non esporsi, la sua minoranza è in prima linea, in scia con il Presidente della Repubblica, da Pina Picierno, a Lorenzo Guerini, da Graziano Delrio a Filippo Sensi. L'opposizione interna è stata abile ad insinuarsi anche nel caso Flotilla, cavalcando nota di Mattarella, ma ha già appuntamento in agenda con l'inquilina del Nazareno. La segretaria infatti è alla vigilia di un'altra possibile mareggiata. Domani si chiuderanno i seggi nelle Marche e finirà anche la tregua concordata nell'ultima direzione con i riformisti: ad urne chiuse, Elly ci dovrà delle risposte. Soprattutto se i sondaggi delle ultime ore saranno confermati e Matteo Ricci costretto a riprendere la strada di Bruxelles. Un'ipotesi nefasta: «erano partiti per suonarle e finirono per essere suonati». La sconfitta ad Ancona sarebbe un pessimo segnale anche in vista delle elezioni regionali che seguiranno, a partire dalla Calabria. Pessimo per la segretaria del Pd ma non altrettanto per lo smaliziato alleato del M5S. Giuseppe Conte potrebbe sfruttare il passo falso, elencare tutti i dubbi che ha avuto sulla scelta del candidato, e condividere una lezioncina finale: quando sceglie Elly, si perde. Una tappa vinta sulla strada che porterà alle primarie di coalizione: il lupo di mare con la pochette e la marinaia che non sa dove andare. Insomma una curva pericolosissima per la "driver" che ha l'abitudine di scomparire, l'incidente è dietro l'angolo.
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