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Vittorio Feltri: le donne non hanno bisogno di rivendicare. Sono migliori in tutto
08-03-2025, 11:36
Amo le donne e non ne ho mai fatto mistero. E in questo giorno di lodi sperticate al gentil sesso in cui si conteranno i posti di lavoro, i traguardi, le delusioni accumulate in tanti anni di battaglie e rivalse, rifletto su quelle che ho conosciuto e che hanno contornato la mia esistenza. Si diventa più emotivi con l'età. E ci si abbandona più volentieri ai ricordi, soprattutto quelli personali. Io ho avuto due mogli. La prima è morta dopo il parto. Avevo 18 anni e venivo da un amorazzo adolescenziale e unilaterale per Maria Luisa Trussardi che avrei rivisto anni dopo in ben altre circostanze. Conobbi questa ragazza di Bergamo che si chiamava Maria Luisa anche lei. Eravamo giovani e innamorati. Ma non erano solo sguardi e timide emozioni, facevamo l'amore vero e lei rimase incinta. Colpa mia che ero stato un cretino ma non potevo sottrarmi. Prestavo servizio militare e andai a casa in licenza per sposarla. Avevo un lavoro in Provincia, guadagnavo discretamente. Il giorno in cui la ricoverarono in ospedale per il parto, vidi venirmi incontro l'infermiera. Aveva due fagottini in braccio e gli occhi le ridevano. Le chiesi quale fosse il mio. «Entrambi», rispose lei «e sono femmine». Erano Laura e Saba e mi parevano bellissime. Tuttavia lanciai un'imprecazione contro quel destino che mi travolgeva, sentivo le gambe tremare e i sensi venir meno, mi diedero i sali per farmi rinvenire. Ma il dramma vero venne dopo, quando Maria Luisa ebbe delle complicanze post partum e morì lasciandomi solo al mondo con le due gemelle. Un cataclisma. Affidai le piccole al brefotrofio dove lavoravo, rimasero qualche mese accudite dalle mani amorevoli di medici e infermieri. C'era una clinica magnifica all'interno e lì notai una maestrina che lavorava con impegno e dedizione e mi piaceva molto. Era Enoe, mia moglie. Iniziai a corteggiarla. Aveva belle gambe e modi gentili e comprendeva la mia solitudine, le bastava uno sguardo. Le proposi di sposarla. Lei all'inizio rimase perplessa: un ragazzo poco più che ventenne con due figlie da accudire non era esattamente il massimo che una donna giovane si potesse aspettare. Ma accettò con entusiasmo e mi salvò dal guado. Siamo insieme da 57 anni. Ha lavorato sempre nonostante i figli e non si è mai lamentata. A Mediaset era responsabile di un settore importante. Avevamo già le due gemelle ma arrivò Mattia. Non contento, la misi incinta un'altra volta e lì successe una tragedia. «Se mi nasce un altro figlio dovrò stare a casa dal lavoro» mi dice un giorno e si mette in testa di abortire. L'aborto allora non era legale, bisognava recarsi in una clinica svizzera. Prenotai il posto, sbrigai tutte le pratiche. La sera prima di partire la chiamai accanto a me e le feci un discorso. Non volevo che abortisse e glielo dissi chiaramente: la sola idea di uccidere il bambino che portava in grembo mi faceva disperare. Ricordo quella sera come fosse ieri. Il silenzio della casa e noi due a parlar fitto nella stanza in penombra. Lei mi ascolta attentamente e poi dice: «Va bene Vittorio, non facciamolo». Era un patto di amore e una promessa reciproca. Nacque Fiorenza, la mia quartogenita, stringerla tra le braccia fu la conferma che avevamo fatto la cosa migliore. Bisogna passarci da quel bivio per capire il tormento e la sofferenza di una donna. Di là la vita e di qua la morte, e in mezzo una creatura innocente e una madre che si dannerà ogni giorno per quel gesto disperato. Per questo combatto da sempre l'aborto. Enoe è una persona umile e mite, non mi rompe mai le scatole. Ha un cuore generoso e ama gli animali come me. Alla sera quando siamo noi due soli nella grande casa di Milano non ci annoiamo. D'altronde una donna a tavola non è mai banale, parla di tutto. Mentre un uomo sproloquia di calcio o di lavoro e mi deprime mortalmente. Io con la mia professione ho guadagnato tanto e ho un patrimonio importante. Ma ho intestato tutto a Enoe. Anche la casa dove abitiamo adesso. Settimana scorsa le ho portato nove rose gialle sfacciatamente belle e vigorose. «Perché gialle?» mi ha detto. «Perché mi piacciono». Non l'ho mai tradita ma ho diversificato molto avendo cura di farlo con discrezione perché non volevo offenderla. Quattro figli e un quinto adottato, Paolo. Il più bravo di tutti. Ma se si parla di donne, tre figlie non sono poche. Leggo di genitori cretini che vanno dallo psicologo per imparare ad accudire la prole. E di adolescenti che si ribellano ai genitori trattandoli come carta da parati. Le mie figlie andavano d'amore e d'accordo. Ed erano tutte in gamba. Non so dire se mi somiglino di carattere, un genitore non se ne accorge mai delle affinità, certo hanno trovato la loro strada. Fiorenza è la più vicina. È lei che mi sta accanto sempre e mi aiuta nelle cose pratiche. I miei figli possono lamentarsi di me perché li ho mandati a fanculo ogni tanto. Ma non ho mai dato uno schiaffo a nessuno. E con tutti sono stato subito chiaro: «Ogni azione ha una conseguenza. Se succede qualcosa ve ne assumete la responsabilità». Adesso ho un'amica molto simpatica con cui trascorro ore piacevoli, è Melania Rizzoli medico bravissimo e stimato, le sono molto affezionato. Anche l'amicizia è una forma di amore e si rafforza nella libertà reciproca. Ho detto che mi rivolgerei a lei il giorno in cui dovessi ricorrere all'eutanasia e da allora tutti riportano solo quella frase. La prendo come cosa beneaugurante. Il punto è che con le donne mi diverto di più. Non so se si possa parlare di fortuna, ma nella vita personale e nel lavoro sono stato circondato da donne brillanti. Tre signodamentali. E decine di colleghe in gamba. Mai assunto una donna che fosse cessa di aspetto e di intelletto. Anche se la migliore di tutte resta la Fallaci, piombava in redazione e la metteva a soqquadro ma confezionava opere d'arte e succhiava la vita come le sigarette che fumava una dietro l'altra inseguendo la verità più scomoda. E qui vengo forse al tema di questa giornata, che vedrà riversarsi nelle piazze orde di ragazzine e donzelle mature che gridano contro il patriarcato e il sessismo. Le donne non hanno bisogno di rivendicare alcunché, primeggiano già. Sono più intelligenti, più simpatiche, più attente e brillanti di noi maschi. Hanno studiato meglio a scuola e nelle università e sul posto di lavoro si segnalano per tenacia e per una spinta forte a dimostrare di essere valide che gli uomini non hanno. In medicina sono favolose. E nei giornali scrivono meglio e hanno un linguaggio più forbito. C'è solo un settore in cui non eccellono. La politica. Lì sono cretine come gli uomini. A parte la Meloni che adoro e con cui intrattengo un fitto rapporto epistolare. Lei svetta. E fa impallidire l'insignificante Schlein che non sopporto perché come tutte le donne di sinistra ha la presunzione di essere più intelligente. Qualcuno l'ha impropriamente definita una radical chic, ecco, io toglierei il chic. Ah, dimenticavo Ilaria Salis. Lei la vedevo meglio nell'aula del tribunale che seduta all'europarlamento a pontificare. Solo a sentirla, rimpiango la famosa cameriera di Catanzaro. Comunque sia, stavolta me lo concedo: grazie a tutte le donne anche quelle sinistre, soporifere e conformiste delle piazze, senza di loro la vita sarebbe stata una gran fregatura... E una noia irrimediabile e grama.
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