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Leone XIV, l'impensabile diktat ai sacerdoti: come usare i social
Oggi 24-12-25, 03:15
«Educato dal mistero che celebra nella liturgia, ogni sacerdote deve “sparire perché rimanga Cristo”» e anche «per questo l’esposizione mediatica, l'uso dei social network e di tutti gli strumenti oggi disponibili va sempre valutato sapientemente, assumendo come paradigma del discernimento quello del servizio all’evangelizzazione: “Tutto mi è lecito! Sì, ma non tutto giova”», sottolinea Papa Leone XIV nella Lettera apostolica “Una fedeltà che genera futuro” redatta in occasione del 60/esimo Anniversario dei decreti Conciliari Optatam Totius e Presbyterorum Ordinis, rivolta ai sacerdoti in cui aggiunge che «in ogni situazione, i presbiteri sono chiamati a dare una risposta efficace, tramite la testimonianza di una vita sobria e casta» mentre avverte che «nel nostro mondo contemporaneo, caratterizzato da ritmi incalzanti e dall'ansia di essere iperconnessi, sono almeno due le tentazioni che si insinuano contro la fedeltà a questa missione»: «una mentalità efficientistica» e il «quietismo». Il Papa nella Lettera apostolica affronta il tema anche dei “pastori smarriti” che abbandonano il sacerdozio: «Il tema della formazione risulta essere centrale anche per far fronte al fenomeno di coloro che, dopo qualche anno o anche dopo decenni, abbandonano il ministero. Questa dolorosa realtà, infatti, non è da interpretare solo in chiave giuridica, ma chiede di guardare con attenzione e compassione alla storia di questi fratelli e alle molteplici ragioni che hanno potuto condurli a una tale decisione». Insomma, scrive il pontefice, «la risposta da dare è anzitutto un rinnovato impegno formativo», il cui obiettivo è «un cammino di familiarità con il Signore che coinvolge l’intera persona, cuore, intelligenza, libertà, e la plasma a immagine del Buon Pastore». Il riferimento è ovviamente ai seminaristi perché compiano «a un lavoro interiore sulle motivazioni che coinvolga tutti gli aspetti della vita: «Non c'è niente di voi, infatti, che debba essere scartato, ma tutto dovrà essere assunto e trasfigurato nella logica del chicco di grano, al fine di diventare persone e preti felici, “ponti” e non ostacoli all’incontro con Cristo per tutti coloro che vi accostano». Inevitabile anche il tema degli abusi nella Chiesa: «In questi ultimi decenni», sottolinea Prevost, «la crisi della fiducia nella Chiesa suscitata dagli abusi commessi da membri del clero, che ci riempiono di vergogna e ci richiamano all’umiltà, ci ha reso ancora più consapevoli dell’urgenza di una formazione integrale che assicuri la crescita e la maturità umana dei candidati al presbiterato, insieme con una ricca e solida vita spirituale». Guardando al futuro il Pontefice avverte che bisognerà tener conto della «necessaria previdenza per le malattie e l’anzianità» dei sacerdoti più fragili. Serve attenzione», dice, «peri confratelli più soli e isolati, nonché quelli infermi e anziani». Si aprono per i presbiteri nuove sfide, legate all’odierna mobilità e alla frammentazione del tessuto sociale. Ciò fa sì che i sacerdoti non siano più inseriti in un contesto coeso e credente che ne sosteneva» in passato. Di conseguenza, essi sono più esposti alle derive della solitudine che spegne lo slancio apostolico e può causare un triste ripiegamento su sé stessi».
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