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Mario Sechi: l'elefante francese nella nostra stanza
02-02-2024, 08:12
Carlos Tavares ha confermato l'ovvio, Stellantis vuole più incentivi per l'auto elettrica e per averli mette nel menu i dipendenti delle sue fabbriche in Italia. Potremmo dire che non c'è niente di nuovo, che si tratta dell'antica strategia della famiglia di Torino, che è scomparso Sergio Marchionne e sono tornati all'antico metodo, mungere la vacca dello Stato. Penso che ci sia molto di più in gioco, non è solo una questione di cassa, lo scenario è cambiato e bisogna porsi qualche domanda. A cosa pensa Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis? E qual è la strategia di Exor, la holding di partecipazioni della famiglia Agnelli, la macchina finanziaria guidata da John Elkann? Il primo, Tavares, fa i conti con un gruppo globale che affronta la sfida per la sopravvivenza nella guerra dei titani delle quattro ruote; il secondo, Elkann, deve impedire che un'improvvisa e non ipotecabile crisi del settore dell'automotive mandi a carte quarantotto l'impero, e per avere successo deve dispiegare una politica di nuovi investimenti e frazionamento del rischio. L'Italia in questo scenario è un paese importante (la Ferrari non può essere prodotta altrove), ma non è più il centro della galassia. Dove si è spostato? Qui bisogna seguire le cose che dice Tavares, i suoi disegni, la parola chiave è “consolidamento”, la costruzione di alleanze tra produttori per non soccombere di fronte allo tsunami dell'auto elettrica. Parlando con Bloomberg Tavares ieri ha detto molte cose, ha evocato il “bagno di sangue” riferendosi alla competizione sull'elettrico (la guerra dei prezzi scatenata dalla Tesla di Elon Musk e dalle auto cinesi), ma è soprattutto il sussurrato e il non detto a guidarci. Il consolidamento si può fare in due modi: comprare o farsi comprare, essere predatore o diventare preda. Tavares nell'intervista con Bloomberg fa un passaggio rivelatore: «È mio compito tenere gli occhi aperti. $ mio compito capire come il settore sopravviverà a questa transizione. $ mio compito assicurarmi che la mia azienda sia una delle vincitrici». Tavares vuole “consolidare”. Qual è la preda? Non sfugge a nessuno che quella “naturale” si chiama Renault, l'altro campione francese dell'auto. Un'azienda che ha rotto la collaborazione con i giapponesi di Nissan e qualche giorno fa ha rinviato la quotazione in Borsa della sua divisione elettrica, un segnale di difficoltà. Se fosse un caso per Sherlock Holmes, avremmo davanti molti elementi: Renault è controllata dal governo francese, che è presente anche nel capitale di Stellantis, Tavares sa che prima o poi tutti dovranno fare i conti con quella parola, “consolidamento”, e lo sa anche Emmanuel Macron, che guarda la partita industriale dell'auto con le lenti del nazionalismo francese proiettato nel mondo; Exor fa shopping in Francia e l'ultima lettera agli azionisti si apre con l'orgoglioso annuncio dell'investimento da 833 milioni di euro nell'Institut Mérieux, storico gruppo della sanità francese; Stellantis ha sollecitato i suoi fornitori a aprire fabbriche in Marocco, i cui rapporti stretti con Parigi sono un fatto storico. La “liaison” degli eredi Agnelli con la Francia è solida e fluente, è una questione di aristocratico “milieu”. Nella nostra breve indagine “Sherlockiana”, non si può fare a meno di notare che Renault e Stellantis insieme - come scrive Bloomberg - hanno 80 mila dipendenti in Francia e che la strategia dell'Eliseo è quella di difendere quei posti di lavoro. Macron siede al tavolo di entrambe le società e ha carte pesanti da giocare. Può favorire un “consolidamento” delle aziende, o può decidere di tenerle separate, ma sempre dando loro protezione, in Francia e non altrove. L'Italia queste carte non le ha, l'ingresso dello Stato italiano nel capitale di Stellantis presuppone un sì da parte della Francia. $ quindi una partita che si svolge a un livello più alto, riguarda i rapporti tra Parigi e Roma, il dialogo tra i governi, il mercato e gli assetti europei dell'industria dell'auto. Il tema di fondo non è più (solo) quello degli incentivi, è la trama delle alleanze geopolitiche. Il premier Giorgia Meloni dovrà metterci molta fantasia e coraggio, è una questione vitale per la manifattura italiana, che purtroppo è mono-dipendente da Stellantis. Siamo di fronte alle tragiche conseguenze delle politiche industriali del recente passato. Quando fu chiusa l'operazione Stellantis, il premier Giuseppe Conte (quello che oggi attacca il governo Meloni chiedendo “un briciolo di amor patrio”) salutò la notizia come “una grande opportunità”. Non vide il problema, l'elefante nella stanza: la presenza della Francia nel capitale di una società italiana che aveva cambiato bandiera tricolore.
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