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C'è un nuovo testimonial della sinistra che sposa l'islamismo
Oggi 27-11-25, 07:39
Forse l'opposizione ha un nuovo idolo dopo che la relatrice Onu Francesca Albanese è finita in una sorta di cono d'ombra. O meglio, ne riesuma uno dal passato. Si chiama Patrick Zaki, il ricercatore egiziano riportato a casa dal governo Meloni nel 2023 dopo la grazia che gli era stata concessa in Egitto. Ecco, lui oggi è uno dei personaggi che sostengono ardentemente la liberazione dell'imam di Torino Mohamed Shahin, detenuto presso un centro di rimpatrio, quello di Caltanissetta, in attesa di espulsione perché ritenuto un pericolo per la sicurezza nazionale. Lo stesso Zaki che si era rifiutato di tornare in patria con un volo di Stato messo a disposizione dall'esecutivo e che decise di non incontrare esponenti del governo: «La decisione di prendere un volo di linea che lo porterà a Milano è del tutto corretta. È un difensore dei diritti umani che mantiene la sua indipendenza dai Governi, di qualunque colore siano», aveva detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Insomma, il distacco forse oggi lo capiamo ancora meglio. «L'accusa? Un discorso al microfono e interruzione di pubblico servizio, cose che abbiamo fatto in milioni. Sappiamo che questo è un attacco al movimento per la Palestina e gli arabi che ne fanno parte, in questo attacco criminale vogliono punire uno per educarne cento», scrive Zaki in riferimento all'arresto del predicatore islamico. Peccato, però, che l'imam non abbia fatto solo questo, ma ha inneggiato apertamente all'azione compiuta da Hamas, allo sterminio dei cittadini israeliani. Ha legittimato il 7 ottobre. Ed è ritenuto un esponente della fratellanza musulmana. Almeno sette le storie su Instagram che Zaki ha fatto per sostenere la "causa Shahin", condividendo il post fatto in collaborazione con l'Api di Mohammad Hannoun, l'associazione femminista «Non una di meno» (forse sfugge loro il modo in cui i fratelli musulmani trattano le donne), i Gpi (Giovani palestinesi italiani, gli stessi che hanno inneggiato al 7 ottobre con la piazza organizzata a Bologna) e Torino per Gaza. «Mohamed è conosciuto da tutta la città di Torino per il suo forte impegno a far dialogare le diverse ed eterogenee comunità religiose con l'umiltà e la coerenza che lo contraddistinguono», si legge. Poi la leggenda secondo cui «il suo arresto si fonda sulle opinioni, sull'idea di un mondo libero dalla violenza del genocidio e della guerra, sulla partecipazione alle manifestazioni condotte in città in questi ultimi mesi, manifestazioni alle quali eravamo tutti presenti». Ma sono a conoscenza del fatto che il loro "martire" abbia più volte espresso la sua simpatia sui social per i volti di Hamas, tra cui l'ex capo deceduto, Ismail Haniyeh e per Muhammad Morsi, ex Presidente egiziano, simbolo della fratellanza, colui che disse «non dobbiamo mai dimenticare, fratelli, di nutrire i nostri figli e nipoti con l'odio per i sionisti e gli ebrei»? Si discostano dalla frase detta durante una manifestazione per festeggiare il cessate il fuoco a Gaza in cui aveva urlato che «quello che è successo il 7 ottobre non è una violazione»? Perché voler confondere le acque con la "causa palestinese" è un danno in primis per chi quella causa la sostiene. Perché Hamas non è la resistenza ma terrorismo. Perché l'islam politico è la volontà di applicare la sharia e le sure coraniche al di sopra della legge italiana. Ed è questo il progetto della fratellanza musulmana che gli stessi Emirati Arabi riconoscono come terroristi. E Shahin, come ha scritto la Questura è un esponente della Fratellanza. Che Zaki e compagni scelgano da che parte stare, perché il terrorismo e lo Stato italiano sono incompatibili.
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