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Sinistra in soccorso dell'imam espulso: Pd, M5S e Avs chiedono a Piantedosi di salvarlo
Oggi 27-11-25, 07:57
È il secondo giorno di mobilitazione che coinvolge e travolge Torino. Il motivo risiede nella richiesta di scarcerare l'imam Mohamed Shahin, detenuto in un cpr per motivi di sicurezza nazionale. Ebbene, la comunità palestinese, e non solo, si sono nuovamente riuniti dopo che ieri hanno organizzato il presidio di martedì in Piazza Castello. E hanno scelto come luogo di ritrovo la Moschea Omar in cui predicava Shahin. Il punto, però, è che a mobilitarsi non sono solo loro, bensì sigle extraparlamentari, che erano presenti in piazza, cui ora si aggiungono esponenti dell'opposizione in Parlamento, che hanno addirittura ritenuto opportuno presentare un'interrogazione parlamentare al ministro dell'interno Matteo Piantedosi per chiedere l'immediata sospensione del provvedimento di espulsione, come si legge in una nota congiunta di Marco Grimaldi, Filiberto Zaratti, Francesca Ghirra e Franco Mari di Alleanza Verdi e Sinistra, Antonino Iaria del Movimento 5 Stelle, Mauro Berruto, Rachele Scarpa, Laura Boldrini e Ouidad Bakkali del Pd. Ed è proprio con Grimaldi che abbiamo parlato. Contattato da Il Tempo, ha ribadito la sua ferma condanna contro ogni forma di terrorismo, la sua distanza più siderale, così come si è discostato dalla frase espressa da Shahin. Allora perché chiedere di fermare il suo rimpatrio in Egitto? Perché «non si mandano persone in paesi dove rischiano la tortura sulla base di presunte simpatie, che sono ben diverse dall'affiliazione che costituirebbe reato, per un'organizzazione che non è nemmeno formalmente ritenuta terroristica». Eppure, chi conosce il mondo del fondamentalismo islamico, sa perfettamente che si tratti di uno dei volti che il terrorismo (non) mostra. In ogni caso, non è un'elucubrazione giornalistica, bensì quanto rinveniamo nella revoca del permesso di soggiorno, in cui si sottolinea come l'imam «servendosi del suo ruolo di rilievo in ambienti dell'Islam radicale, incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l'ordinamento italiano, è messaggero di un'ideologia fondamentalista e antisemita e si è reso responsabile di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Stato». Ma lui sostiene che «non mi risulta che loro dicano che sia un uomo problematico. Mi pare un uomo che ha cercato in questi mesi di abbassare i toni e la invito a chiedere anche a chi lo avrà osservato come la digos di Torino. Conosco la mia città e se le dico che non è partita dal Questore o dal Prefetto di Torino non credo di sbagliare». Il punto, però, su cui focalizzarsi è l'unione tra i parlamentari di opposizione e le sigle extraparlamentari a sostegno di un egiziano che ha santificato l'eccidio di Hamas ai danni di Israele ritenendo che «quello che è successo il 7 ottobre non è una violazione, non è una violenza». Che fusione c'è tra sigle come Potere al Popolo, i sindacati, i centri sociali come l'Askatasuna, Torino per Gaza, i Gpi (coloro che hanno celebrato in piazza l'eccidio compiuto da Hamas), Davide Piccardo (uno dei due gestori del sito «La Luce»), chi elogia la vita di Yaya Sinwar, come Brahim Baya, che vive nel capoluogo piemontese, Mohammad Hannoun, ritenuto uomo di Hamas in Italia, e politici che siedono in Parlamento? Hannoun e Baya hanno lanciato una petizione che ha raggiunto già migliaia di firme, la comunità musulmana lo fa passare come il martire e non come un fan di chi ha commesso un massacro. Sfugge il motivo per cui, in un Paese democratico, c'è ancora chi non si discosta da chi fa simili esternazioni.
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