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Chi verrà dopo Francesco. Trame e cene segrete: la trattativa è già iniziata
23-04-2025, 07:11
Il Concave che si aprirà tra il quindicesimo ed il ventesimo giorno dalla morte di Papa Francesco – quindi, calendario alla mano, tra il 5 e il 10 maggio – si profila come foriero di sorprese. Una di queste, la più clamorosa, è che ad uscire vestito di bianco dalla Sistina potrebbe essere un italiano. Con tre pontefici stranieri di fila, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, la Chiesa ed i fedeli si sono da tempo abituati a quella rottura con la tradizione storica che, almeno dalla seconda metà del Quattrocento in poi, aveva sempre visto assurgere alla Cattedra di Pietro un cardinale italiano. Eppure stavolta, complici diversi fattori, non è escluso che ad essere eletto sia proprio un porporato della nostra penisola. In questo Conclave, per paradosso, proprio il gruppo degli elettori italiani sarà quello geograficamente più penalizzato e ridimensionato dalle scelte compiute da Bergoglio nel corso del suo pontificato. In dieci Concistori Francesco ha lasciato senza berretta rossa molte diocesi italiane tradizionalmente cardinalizie, tra le quali Milano e Venezia che da sole nel Novecento hanno dato alla storia cinque papi su otto (Pio XI e Paolo VI il capoluogo lombardo, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I la città lagunare). Bergoglio ha rivoluzionato la Chiesa anche nell'assegnare le porpore, preferendo premiare presuli residenti in nazioni lontane dove talvolta i cattolici sono un'esigua minoranza piuttosto che seguire tradizioni a suo avviso superate. L'Italia era per Francesco un Paese come tutti gli altri, da contestualizzare nella sua visione planetaria della cattolicità. Proprio per questo l'idea di eleggere un italiano oggi non è più vista come una sorta di ritorno al passato e nemmeno la Curia romana, per secoli retta totalmente da italiani, viene più assimilata al nostro Paese dai cardinali d'Oltreoceano, da sempre diffidenti verso i colleghi più strettamente connessi alle stanze del potere. Tra i papabili che hanno serie possibilità di ricevere lo zucchetto bianco ci sono attualmente diversi italiani, ma su quattro in particolare si concentra la nostra attenzione. Innanzitutto lui, il papabilissimo: l'ormai ex Segretario di Stato Pietro Parolin. Non essendo annoverabile tra i bergogliani di strettissima osservanza, Parolin è stato il «primo ministro» del pontefice per tutto il suo pontificato. Un diplomatico stimato da tutte le cancellerie internazionali, ma al contempo un uomo mite, poco avvezzo al protagonismo, che anzi rifugge da sempre, ha accettato con assoluta obbedienza ogni singola decisione di Francesco, senza mai far emergere un eventuale dissenso su questo o quel provvedimento. Un uomo di curia rodatissimo, che conosce ogni singolo dossier transitato sulla scrivania papale in questi anni. Un servitore obbediente, più che devoto. Proprio questo obbediente distacco lo ha fatto rivalutare negli anni anche a certi settori più tradizionalisti del Collegio Cardinalizio, che apprezzano di Parolin l'aver servito senza mai essersi prostrato. Proprio queste caratteristiche, a cui va aggiunta una considerazione sulla situazione geopolitica internazionale, potrebbero far convergere su di lui le preferenze dei confratelli Cardinali. Non va infatti dimenticato che l'ultimo Conclave che si è svolto in un clima bellico è quello del 1939, in cui, non a caso, i porporati scelsero un raffinato diplomatico, Eugenio Pacelli, Segretario di Stato uscente. L'altro papabile è Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. Dichiaratamente progressista, più bergogliano dei più ortodossi bergogliani, su Zuppi pesa però un macigno: è l'epigono dichiarato della Comunità di Sant'Egidio, che negli ultimi anni da moltissimi porporati è stata ritenuta fin troppo presente ed influente in Vaticano. Un altro nome che sta emergendo tra i porporati è quello di Fernando Filoni, ex prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, attualmente Gran maestro dell'Ordine del Santo Sepolcro. Creato cardinale da Benedetto XVI nel suo penultimo Concistoro, quello del febbraio 2012, ha l'unico neo di aver compiuto proprio pochi giorni fa 79 anni. L'età avanzata, tuttavia, dopo due pontefici eletti rispettivamente a 77 anni (Ratzinger) e 76 (Bergoglio), non è più un tabù, specialmente se il Sacro Collegio si dovesse orientare verso un «Papa di transizione». Stimato da tutti, ex Nunzio Apostolico in Giordania, Iraq e poi nelle Filippine, ha concluso la sua carriera diplomatica come Sostituto in Segreteria di Stato. Uomo mite, moderato, affabile, non ha nemici ma solo estimatori. Infine, tra gli italiani più quotati, c'è Pierbattista Pizzaballa, attuale Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Un conservatore moderato, amante soprattutto della Liturgia tradizionale, ma con posizioni geopolitiche molto liberali, in linea con il pontificato appena concluso. Ha un solo difetto: ha appena compiuto 60 anni (paradossalmente proprio lunedì 21 aprile, giorno della morte di Francesco), un'età che lo potrebbe portare ad essere Papa per diversi decenni. Fuori dall'Italia ci sono diversi candidati che sono ritenuti papabili e sono quasi tutti europei, tranne due, che sarebbero rispettivamente il primo papa africano e il primo asiatico. Sul fronte conservatore del Collegio, ci sono tre esponenti che potrebbero avere delle possibilità: il cardinale guineano Robert Sarah (e sarebbe il primo Papa di colore della storia), l'olandese Willem Jacobus Eijk e l'ungherese Péter Erdö. Sarah, tuttavia, compirà 80 anni il prossimo giugno e forse è già troppo in là con l'età per pensare seriamente di essere eletto. Inoltre, negli ultimi anni ha maturato una visione fin troppo critica del pontificato appena concluso e questo gli preclude quasi certamente i voti di tutta l'ala bergogliana. Erdö (72 anni) e Eijk (71) hanno invece l'età giusta che in questo momento si richiede al successore di Pietro e anche la stessa di Parolin. Entrambi, poi, non sono «creature» di Bergoglio e si sono tenuti sempre in disparte, ma partecipando al dibattito tra chi criticava Francesco e chi lo difendeva a spada tratta. Anche sul fronte opposto, quello progressista, sono tre i candidati più quotati: l'arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline (66 anni), il segretario generale del Sinodo dei Vescovi Mario Grech (68, maltese) e il filippino Luis Antonio Tagle (67), quello che tutti definiscono il «Bergoglio asiatico», sebbene ad imporgli sul capo la berretta rossa sia stato Benedetto XVI e non Francesco. I giochi sono aperti, la corsa alla successione del Pontefice argentino è partita da tempo e nonostante ci si trinceri dietro il lutto di questi giorni, la campagna elettorale è entrata ampiamente nel vivo. D'altronde mancano solo due settimane all'ingresso in Conclave, il conto alla rovescia è iniziato.
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