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"Chiara uccisa per un segreto". L'avvocato di Sempio parla del sicario
Oggi 25-05-25, 09:17
Un segreto inconfessabile che avrebbe sconvolto Chiara Poggi. E decretato la sua fine, decisa a tavolino da misteriosi mandanti, che avrebbero assoldato un sicario per ucciderla, perché troppo scomoda. Entità grigie che sarebbero collegate anche a quei riti di purificazione praticati al Santuario della Madonna della Bozzola, finito poi al centro di una scandalo per video ricatti hot, e a quegli strani suicidi che hanno funestato Garlasco. Sembra la trama di un best seller di Stephen King e invece è la teoria dell'avvocato Massimo Lovati, il penalista che insieme ad Angela Taccia difende Andrea Sempio, il 37enne indagato nella nuova inchiesta della Procura di Pavia, che sta riscrivendo la verità di quel terribile assassinio avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli. L'intreccio tra l'omicidio di Chiara con queste piste alternative, che Il Tempo ha rivelato nei mesi scorsi raccontando la scia di suicidi tra giovanissimi che frequentavano quel Santuario, tra cui un amico d'infanzia di Sempio, è andato in scena nell'ultima puntata di Quarto Grado, il programma condotto da Gianluigi Nuzzi, quando Lovati, in studio, ha ribadito l'estraneità di Sempio e l'innocenza di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato a 16 anni di carcere, ponendo sulla scena del crimine un assassino su commissione, cui aveva più volte accennato, ma stavolta entrando nel merito. «Più che un killer, perché tutti gli assassini sono killer, un sicario è una figura singolare. Il sicario è chi viene assoldato da qualcun altro per eliminare un personaggio scomodo». La convinzione dell'avvocato di Sempio si basa sull'ipotesi che Chiara, che frequentava l'oratorio al Santuario, avrebbe scoperto un giro di presunti scandali sessuali, segnati anche dalla pedofilia. Un racconto suggestivo, che però non è privo di fondamento. A partire da quei file scaricati da Internet e salvati nei mesi precedenti al delitto su una chiavetta Usb di Chiara, dove la ragazza aveva archiviato articoli sulla pedofilia, con particolare attenzione al profilo del pedofilo, informazioni sull'anoressia e uno sugli «omicidi senza colpevole». Contenuti altamente suggestivi, considerando che in quegli anni il rettore del Santuario, quel Don Gregorio Vitali che fece l'appello a costituirsi all'assassino di Chiara, aveva fondato diverse comunità di recupero per tossicodipendenti, alcolisti, orfani e ragazze affette da disturbi alimentari. Lo stesso Don Gregorio finito nel 2012 vittima, insieme a un altro prete, di video ricatti da parte di due giovani rumeni, condannati e oggi latitanti, che sostenevano di avere filmati di festini e video hard dei religiosi. Inoltre negli anni successivi al delitto, si sono registrati strani suicidi, sia di giovanissimi che frequentavano il Santuario, uno dei quali trovato impiccato con un nodo scorsoio difficile da realizzare, ma anche di persone che, il giorno dell'omicidio, avrebbero visto qualcosa di compromettente, come Giovanni Ferri, il meccanico 88enne rinvenuto in una stretta intercapedine con la gola e i polsi tagliati, ma senza il coltello. Stasi, secondo Lovati, sarebbe stato «una pedina» imbeccato dai veri assassini, che non sarebbe mai entrato a casa Poggi ma avrebbe mentito per paura, perché «meglio in galera che sottoterra», sottolinea l'avvocato Lovati. Una ricostruzione inquietante, che però non basta a escludere Sempio dalla scena del crimine, dove, secondo gli inquirenti, avrebbe agito con altre persone, come avrebbe ricostruito l'impianto accusatorio di cui il suo Dna sulle unghie di Chiara e la sua impronta sul muro delle scale sopra il cadavere della vittima sarebbe solo la punta dell'iceberg, in quest'inchiesta bis contro il 37enne, che segue le due archiviazioni firmate dall'ex procuratore Mario Venditti. Che ieri, tramite il legale Domenico Aiello ha sottolineato di aver disposto «nuove indagini», all'esito delle quali ritenne di chiedere «l'archiviazione della ipotesi investigativa, attesa la inservibilità e infruttuosità della prova scientifica» dedotta dal Ris e ha diffidato «ad attenersi ai fatti nella loro oggettività e continenza, evitando ulteriori narrazioni e ricostruzioni diffamatorie e lesive del decoro e del patrimonio di onorabilità del magistrato in pensione.
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