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Delrio avverte la sinistra: "Chi diffonde odio poi paga il prezzo. Siamo l'alternativa a chi confonde Hamas con i partigiani"
Oggi 29-10-25, 12:22
«L'Italia, come il Pd, ha ancora bisogno di credere che le cose non si risolvono con gli slogan e che non si possano diffondere discorsi d'odio senza pagarne il prezzo. Soltanto così possiamo evitare quanto accaduto a Fiano. Questa è una sfida da riformisti». A dirlo Graziano Delrio, ex ministro e più di un semplice riferimento per i moderati dem. Con quest'episodio è stato raggiunto il culmine? «Non permettere alle persone di parlare, specialmente in un'aula universitaria, è inaccettabile. Non è un semplice incidente. È una volontà a non ascoltare una libera opinione o meglio una discriminazione verso chi, come Fiano, non rappresenta solo sé stesso, ma una posizione personale e politica, ovvero quella di chi dice che la pace si fa vedendo le sofferenze e guardando a entrambi i popoli, non soltanto a uno». Ieri è stato a un evento per la pace. Non ritiene che negli ultimi mesi questa parola sia stata utilizzata in modo sbagliato? «Come ha detto il Papa, bisogna disarmare le parole, proprio come è avvenuto con i fatti. È una gran buona notizia che ci sia una tregua, un momento di sollievo per il popolo palestinese, così come che siano tornati a casa gli ostaggi di Hamas. L'esultanza della gente comune a questa fine delle ostilità ce la dovremmo tenere stretta. Quanto accaduto a Fiano non è un qualcosa di isolato, è un fenomeno che sta crescendo e che richiede una posizione bipartisan. Troppo spesso si confonde l'esecutivo Netanyahu con il popolo di Israele, tra l'altro, in gran parte, contrario al suo leader. Ciò è un fatto unico. Non è mai accaduto che un sudanese non venga caricato su un taxi perché il suo governo è un regime militare. È come se uno dicesse che bisogna emarginare gli italiani solo perché Meloni fa cose sbagliate. Sembra quasi che quel pericolo di attribuire a tutti gli ebrei colpe individuali, scritto nell'enciclica “Nostra aetate”, di cui oggi ricorre il 60esimo anniversario, sia stato dimenticato». Come mettere fine a tutto ciò? «Attraverso una riflessione profonda. Quando uno non può mostrare la sua identità culturale e religiosa, è costretto a nasconderla per timore, vuol dire che non è in pericolo solo lui, ma la libertà di parola e la stessa democrazia. Contro l'antisemitismo dovrebbe esserci convergenza in parlamento a prescindere. Tutti dovrebbero farsene carico». Anche nella sua sinistra ci sono movimenti che alimentano l'antisemitismo... «La posizione del mio partito è stata chiara. Abbiamo sempre detto “no” a ogni forma di antisemitismo e odio. Detto ciò, ci sono personaggi, anche molto esposti dal punto di vista mediatico, che pensano che Hamas non sia un gruppo di criminali, ma piuttosto partigiani della libertà». Cosa si sente di dire a questi soggetti? «Stanno confondendo una organizzazione come Hamas che vuole lo sterminio e la cancellazione di uno Stato con un movimento di libertà. Si è parlato troppo poco delle responsabilità enormi che Hamas ha avuto nello scatenare una guerra che poteva essere interrotta con la consegna immediata degli ostaggi. A un partigiano come Pertini se avessero chiesto di consegnare dieci prigionieri per evitare una strage, non avrebbe esitato un secondo. Forse avrebbe offerto anche sé stesso. Questa è la differenza tra questi terroristi e i partigiani». La mozione che è stata presentata qualche giorno fa serve anche a far capire che una certa narrazione deve essere fermata? «Bisogna schierarsi, senza se e senza ma, da parte dell'Islam moderato che condanna Hamas e intende disarmarla. Vogliamo stare dalla parte di chi isolagli estremismi perché nemici della pace e di chi crede che Israele debba restare un interlocutore come ha chiesto il leader socialista Golan». Perciò c'è bisogno dei riformisti? «Questo Paese ha bisogno di lavorare per un cambiamento profondo, per una società più giusta e istituzioni più solide. Soltanto così saremo ancora una democrazia forte».
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