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Dietro il totoPapa le manovre delle confraternite più potenti. Dai Focolarini all'Opus Dei
Oggi 06-05-25, 08:08
Caro direttore, nelle ore che precedono la chiusura delle porte della Cappella Sistina, il mondo trattiene il fiato in cerca di un nome. Ma il vero spettacolo, quello che non si vede, si consuma dietro le quinte. Le antiche reti ecclesiali, marginalizzate e «umiliate» durante il pontificato di Francesco, si sono riorganizzate e ora sono una forza silenziosa che attende solo il segnale per rientrare in scena. I Cavalieri di Colombo, mastodonti cattolici del mondo anglosassone, potenza finanziaria simile a una multinazionale, muovono silenziosamente le loro pedine sulla scacchiera. Timothy Michael Dolan (Stati Uniti), il cardinale di New York, è il volto più riconoscibile. Raymond Leo Burke (Stati Uniti), l'oppositore instancabile, sopravvissuto anche al Covid, è l'anima ideologica. Uniti dalla certezza che la Chiesa debba restare ancorata all'Occidente cristiano e che i cinesi, con il loro Partito e i loro vescovi patriottici, rappresentino l'apocalisse mascherata da diplomazia. L'Opus Dei, aristocrazia spirituale della Chiesa, ha incassato molti colpi duri da Francesco, che l'ha declassata e posta sotto attenzione. Ma non si cancella con un motu proprio ciò che è insito in seminari, banche, CdA, redazioni e cancellerie. Robert Sarah (Guinea), il cardinale del silenzio africano; Julián Herranz Casado (Spagna), guardiano della vecchia ortodossia; Marcello Semeraro, abile e discreto; Angelo Bagnasco, fine come il marmo genovese, non entra nella Sistina ma potrebbe diventare un'incredibile sorpresa. Sono lì, pazienti, come roccia sotto la pioggia. Resilienti come loro solo i Legionari di Cristo. Sopravvissuti al disonore del fondatore, non hanno mai perso la bussola del potere. Kevin Joseph Farrell (Stati Uniti), il discusso Camerlengo, con il suo sorriso texano e il suo polso romano, incarna la continuità istituzionale e il legame con il mondo educativo e benestante dell'emisfero nord. Ma i veri maestri del sottovoce sono i Focolarini, fondati da Chiara Lubich, gli unici non mortificati da Papa Francesco. Un movimento capillare, nato attorno alla sacralità della famiglia. Óscar Maradiaga (Honduras), il grande sponsor dell'elezione di Bergoglio; Ángel Fernández Artime (Spagna); Albert Malcolm Ranjith Patabendige (Sri Lanka); Anders Arborelius (Svezia); Robert Francis Prevost (Stati Uniti); Mario Grech (Malta); e l'agnello sacrificale, Angelo Becciu. Porporati apparentemente slegati, eppure uniti da quella spiritualità colloquiale, obliqua e ben disposta. La loro forza è nell'invisibilità. Nessun partito, ma tanti amici. All'ombra dei palazzi romani e milanesi poi c'è Comunione e Liberazione. La creatura di don Luigi Giussani, forgiata nelle aule del liceo e temprata nel travaglio della storia d'Italia. Qui la Chiesa ha incontrato la politica: Andreotti, Formigoni, Buttiglione, oggi Maurizio Lupi - sempre presente - sono i nomi che riecheggiano in quei circoli dove si cita san Paolo e si vota centrodestra. I cardinali che orbitano in quest'area sono molti: Baldassarre Reina, Ennio Antonelli, Giuseppe Versaldi, l'unico che ha difeso Becciu durante le Congregazioni. E inoltre Mario Grech (Malta) e Domenico Battaglia, grande tifoso del Napoli, osservano da posizioni più dialoganti. Ma la mossa che scuote il gioco potrebbe essere la «promozione del pedone» e ha un nome: Luis Antonio Tagle. Il filippino pop, sorridente, amatissimo dalle folle e guardato con sospetto dagli apparati. Ha sempre avuto un dialogo silenzioso con CL: il suo modo di parlare alla gente affascina anche i più scettici. Tagle è il cavallo azzurro della Provvidenza, un outsider con santi protettori e amici potenti. Con l'occhio alla storia dei martiri, il Cammino Neocatecumenale osserva attentamente i giocatori, restando fedele alla sua liturgia e al carisma di Kiko Argüello. Un nome su tutti: Fernando Filoni, un pugliese di guerra e di pace, già a Baghdad sotto le bombe, oggi tra Gerusalemme e il Conclave. Anche l'Ordine del Santo Sepolcro lo annovera come Gran Maestro, insieme al gettonatissimo Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Terra Santa, figura ascetica e strategica, che il premier Netanyahu non vuole Papa, poiché lo considera troppo filo-palestinese. Il Sovrano Ordine di Malta, cavalleria e diplomazia ispirata dall'ultraottantenne cardinale Silvano Maria Tomasi, uomo di confine scelto a suo tempo da Bergoglio per domare faide nobiliari e bilanciare poteri antichi, punta anch'esso su Filoni. E poi l'Onu di Trastevere, la comunità geopolitica di Sant'Egidio, fondata da Andrea Riccardi - a pranzo a Roma con Macron dopo i funerali - muove in silenzio e parla molte lingue. Matteo Zuppi, l'arcivescovo di Bologna, è il suo vessillo. Con lui, Fridolin Ambongo Besungu (Repubblica Democratica del Congo), pastore di giustizia e mediazione. Insieme formano l'anima sociale, quella che va dai quartieri romani agli accordi di pace africani. Con un grande tessitore dietro le quinte: il super-mediatico monsignor Vincenzo Paglia, uno dei più cari amici di Francesco. Infine, c'è lui, il favorito: il Segretario di Stato Pietro Parolin. Non ha «fazione». Li conosce tutti. Li ha incontrati, amministrati e sopportati. Il «grande gestore» per alcuni è la sintesi, per altri il compromesso vivente. Ma tutti sanno che nel Conclave nessuno conta quanto chi conosce il silenzio delle anticamere. Se supera i tre giorni, il candidato Parolin dovrà cambiare posizione e passare da eletto a grande elettore. Il nuovo Papa non sarà solo un nome. Sarà lo scacco matto a uno o all'altro schieramento.
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Il Tempo
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