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Il campo largo è in agonia: Conte già si sfila
Ieri 09-10-25, 09:01
Come in un'avvincente spy story, la diffidenza e gli intrighi si sprecano: è il momento della tensione. D'altra parte, dopo la goleada subita nelle Marche e in Calabria, il sogno della «remuntada» è tristemente tramontato. Significa cambiare schema di gioco e tornare al vecchio catenaccio: proteggere la propria porta e limitare le occasioni da gol dell'avversario. Un bel problema per il team del campo largo, che domenica affronta il voto in Toscana per poi concentrarsi sul grande slam del 23-24 novembre in Veneto, Campania e Puglia. E dire che la partita che si disputa a Firenze veniva considerata facile, tanto che Elly Schlein tentò fino all'ultimo di fare le scarpe al governatore Eugenio Giani. E invece il confronto con Alessandro Tomasi, frontman del centrodestra, sta diventando spinoso. Intanto, per il clima che si respira dentro lo spogliatoio della maxi alleanza costruita a sostegno del presidente uscente e ricandidato per il bis. Lo stesso capitano pare avere qualche problema di concentrazione: martedì, a «Un giorno da pecora», ha inserito la Lombardia tra le regioni confinanti con la Toscana. Insomma, pure il “Giani” sente la pressione. Poi c'è un'emergenza: Giuseppe Conte ha scelto un profilo molto basso. Il leader del M5S non ha confermato la propria presenza alla chiusura della campagna elettorale, che si terrà stasera in riva all'Arno. Sul palco presenzia solo il Pd, con la segretaria e il presidente dell'assemblea nazionale Stefano Bonaccini; i leader di AVS si sono visti spesso, l'ex presidente del Consiglio ha invece limitato al massimo le presenze sul suolo toscano. Per i pentastellati pesa l'incognita: la scelta di presentarsi con il campo largo è stata molto contrastata, con alcuni gruppi provinciali che alla fine non hanno seguito il diktat della “commissaria” Paola Taverna. In più, c'è una mina vagante che tormenta via di Campo Marzio: si chiama Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva si presenta nella sua regione, con la nuova veste già sperimentata in Calabria con risultati soddisfacenti (una consigliera eletta); a Firenze spera di ottenere molto di più. L'avvocato di Volturara Appula ha un incubo: essere doppiato dalla «Casa riformista». Una possibilità che inquieta Elly Schlein, perché riaprirebbe anche tra i dem l'eterno conflitto: «Il M5S non serve a niente». Una mina vagante in grado di trascinarsi fino alla Campania, il campo da gioco dove i piani si intrecciano e le paure si moltiplicano. All'ombra del Vesuvio, la spy story diventa un horror: «Roberto Fico è debolissimo», si insinua dietro le quinte. C'è il braccio di ferro che continua, quello con Vincenzo De Luca, lo spauracchio che agita nella stessa misura la segretaria del Pd e il leader del M5S. Lo sceriffo vuole la lista «De Luca», insomma non vuole rinunciare al nome. Una pretesa che terrorizza il quartier generale: «E se prende una percentuale più alta di quella del M5S, fino a lambire il Pd?». Il confronto diretto con l'aspirante successore non sarà negoziabile: l'ex sindaco di Salerno, nel 2020, fu rieletto con il 69% — un'asticella oggettivamente quasi impossibile per l'ex presidente della Camera. Come in un sapientissimo thriller, l'ombra di Edmondo Cirielli si avvicina, il viceministro degli Esteri ha avuto il via libera dal centrodestra per Palazzo Santa Lucia. Segnale eloquente che Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega ci credono, pronti a sfruttare ogni passo falso del campo largo. Dalla rimonta al cartellino rosso: per l'allenatrice del Pd la panchina è appesa ad un filo.
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